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appunti di storia della Chiesa genovese di Luigi Mons. Borzone titoli
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Ü note x immagini |
UN
PRIMATO ? "In tutta l'Italia, Genova, fu la prima
città o una delle prime che accolse pubblicamente la fede di Cristo e
pubblicamente la confessò". Così scriveva lo storico Giacomo da Varazze -
che fu arcivescovo di Genova dal 1292 al 1298 - nella sua "Chronica
civitatis januensis". La notizia è... allettevole. Ma è anche
attendibile e fondata su solidi argomenti storici? Vediamo. Il Da Varazze si rifà a tre documenti, dei quali
purtroppo non fornisce indicazioni più precise. Il primo è una "quedam ystoria que de civitatibus Italie
tractat" nella quale si affermava appunto che Genova era stata
"la prima o una delle prime città in cui la fede di Cristo fu
pubblicamente predicata e pubblicamente accolta, in cui per la prima volta
furono celebrati i sacrifici del Signore". Gli altri documenti sono due "Legende"
dei SS. Nazario e Celso secondo le quali i due santi sarebbero stati
imbarcati su ordine di Nerone per essere sommersi in mare. Salvati miracolosamente
avrebbero fatto approdo in una località posta a 600 passi dalla città di
Genova, località che gli storici successivi individuano nella zona di San
Nazaro, presso Puntavagno. Venuti in città, i due santi vi avrebbero
predicato senza incontrare ostacoli e persecuzione. Il Da Varazze ricorda
ancora che Nazario e Celso passarono da Genova a Milano, ove morirono
martiri. Che dire di tutto questo? Osserviamo anzitutto che si tratta di una
tradizione antica ed attestata - secondo il Da Varazze - da ben tre documenti
che però noi non conosciamo e sui quali non possiamo di conseguenza emettere
alcun giudizio storico favorevole. D'altra parte non possiamo neppure
rifiutare in modo totale e acritico un'antica tradizione. Allo scopo di meglio valutare l'affermazione del
Da Varazze distinguiamo tre questioni: 1. che i santi Nazario e
Celso siano venuti a Genova 2. che siano venuti al
tempo di Nerone 3. che Genova sia stata
la prima o una delle prime città a professare liberamente e pubblicamente la
fede cristiana. Raccogliamo ora dagli storici un giudizio sulle
tre questioni. 1. "Ianuam advenerunt" La venuta dei SS. Nazario e Celso a Genova è
ormai quasi unanimemente accettata dagli storici (G. Stella, sec. XIV; A. Giustiniani
e F. Bizzarro, sec. XVI; i Bollandisti e A. Schiaffino, sec. XVII; F. Savio,
sec. XIX; A. Ferretto e T. O. De Negri sec. XX) ed è confermata sia dal culto
antichissimo di cui i due santi godettero nel genovesato, sia dalla
dedicazione di chiese in loro onore fin dai tempi antichi. Lo storico Domenico Cambiaso informa che ben tre
furono le chiese dedicate ai due santi in città, prima del Mille: "una
sulla riva del mare in Albaro, nel promontorio detto di S. Nazaro; la seconda
vicino a S. Stefano detta "ad sanctos peregrinos"; la terza pure
sulla riva del mare rappresentata oggi dalla chiesa di N.S. delle Grazie
sotto la quale esiste un'altra chiesa del secolo IX che non può essere se non
la chiesa dei SS. Nazario e Celso. Aggiungo che una chiesa di S. Nazario di
Cavanusa presso Soglio in Fontanabuona è indicata nel 973 (...).Assai antiche
sono pure la chiesa dei SS. Nazario e Celso di Sturla presso Via Tabarca, la
parrocchiale di Arenzano e quella di Multedo ed altre a Varazze, Oneglia e
Savona. Da tutto questo emerge la grande antichità del culto ai SS. Nazario e
Celso e questo culto è la più bella conferma di quanto dicemmo
sull'apostolato dei due santi fra noi." 1
Ü Non tutti gli storici però sono concordi nel fissare
la data in cui i due santi arrivarono nella nostra città. E difatti si pone
la seconda questione. 2. 'Nero Merator navi imponi fecit' Ennodio, vescovo di Pavia (+521) colloca
l'apostolato dei SS. Nazario e Celso al tempo di Nerone. Per contro lo storico
Paolino, biografo di S. Ambrogio, parlando di San Nazario, afferma: "quando sit passus usque in hodiernum
scire non possumus." 2 Ü La
"Legenda" che fa vivere i due santi al tempo di Nerone si trova in
parecchi codici dei secoli IX, X, XI. 3 Ü Ma il Ferretto non ritiene sufficienti gli
argomenti: "se altri monumenti non vengono alla luce non si potrà mai
stabilire l'epoca del martirio di S.Nazario e Celso e per conseguenza la data
certa della loro predicazione in Genova e Liguria." 4 Ü Comunque, anche spostando ad epoca più tardiva la
venuta dei due santi non si sposta necessariamente la data dell'avvento del
cristianesimo a Genova, sia perché non è provato che i due santi siano stati
i prìmi evangelizzatori, sia perché Genova, emporio e centro commerciale, può
aver ricevuto la fede cristiana da altri predicatori anteriori. 3. Liberi e fieri La notizia che Genova sia stata la prima o una
delle prime città d'Italia in cui la religione cristiana poté agire
liberamente non è affatto inverosimile solo che si ponga attenzione a due
fatti storici: a) l'autonomia politica di Genova nei
confronti di Roma. Già prima dell'era cristiana, ai tempi delle
guerre puniche (III-II sec. a. C.) Genova era legata a Roma dal
"foedus": era città confederata. Per questo fu distrutta nel 205 da
Magone, fratello di Annibale e nemico dei romani 5 Ü; per questo ancora fu ricostruita due anni dopo
dagli stessi. 6 Ü "Per consenso di tutti gli scrittori moderni
che hanno portato i loro studi sulla "tavola di bronzo" 7 Ü il fatto che i genovesi avevano tribunali propri
e riscuotevano decime costituisce la prova che Genova era città confederata
(...). Il principio delle autonomie locali fu opportunamente utilizzato dalla
sagace politica dei romani prima per accarezzare i popoli latini e italici ad
entrare nell'orbita del grande stato che si andava divisando, poi per uno
scopo essenzialmente amministrativo ed economico, per dare cioè tutta la
necessaria libertà di azione al commercio o alla navigazione. Essi compresero
ben presto che i loro proconsoli e i loro pretori potevano edificare città e
ponti e strade, fare censimenti, catasti, imporre tributi, ma non potevano
creare il commercio e la navigazione, che avevano bisogno di regolarsi con i
loro usi. I testi romani forniscono amplissimi elementi a chi vuole
approfondire il tema delle esenzioni e privilegi che ai tempi della
repubblica si accordavano alle città federate latine e italiche. Gli alleati
devono riconoscere e rispettare la maestà di Roma, perdono l'indipendenza
della loro politica estera, non pagano generalmente tasse, (...) conservano
la sovranità sul loro territorio e il loro diritto di proprietà privata e
sono considerati fittiziamente come fuori dell'impero. Il governatore romano
non vi può penetrare ufficialmente, né esercitarvi giurisdizione (...),
conservano come leggi le loro costumanze antiche: condizione caratteristica
il diritto di avere magistrati propri». 8 Ü Dunque: autonomia
interna. Inoltre: Genova costituiva con Pisa, Luni e Marsiglia uno dei pochi
ma importanti punti d'appoggio marittimi di Roma nel Tirreno settentrionale:
era sede di flotta (portus classis) e stazione intermedia tra Roma, l'Alta
Italia e la Provenza. Roma aveva dunque interesse a mantenere buoni rapporti
con Genova. Nel primo secolo a.C. Genova divenne "municipium" di
diritto romano, i suoi cittadini ottennero piena cittadinanza romana e
"furono ascritti co' Velejati all'antica tribù Galeria di Roma. Dopo
questo ottennero una zecca che stampò denari d'oro chiamati gennarii, molto
correnti nelle due Gallie e in Grecia." 9 Ü Nell'epoca imperiale poi, l'epoca dell'espansione
del cristianesimo e della nostra ricerca storica, Genova godeva della stessa
autonomia: nella "Descriptio totius Italiae" di Augusto la Liguria
venne a trovarsi nella IX Regione italica. Ora, la "descriptio Augusti"
era "una determinazione storico politica e per così dire statistica che
non influiva minimamente sulle basi fondamentali della vita amministrativa
dell'Italia, la quale rimase e fu sempre più imperniata sulla
"civitas" e sulle autonomie locali, direttamente collegati con i
magistrati dell'Urbe: per questo le Regioni non ebbero capoluogo, né autorità
centrale stabile". 10 Ü Così Genova non ebbe stabilmente proconsoli, né
pretori, né prefetti, né giudici romani: "Tagliata fuori definitivamente
nella nuova sistemazione augustea dalle strade di grande traffico verso
l'occidente (...) visse sulle sue vecchie tradizioni dell'età repubblicana,
divenendo un'appartata e tranquilla città marinara di
popolazione indigena, che godeva i frutti della nuova era di pace". 11 Ü UN FATTO... ANOMALO Nella nostra storia religiosa non si ha memoria
di martiri locali. I martiri che Genova ha venerato e venera tuttora sono di...
importazione (San Giovanni Battista, San Lorenzo, San Giorgio ecc.). Per cui si è detto: Genova non ha fatto martiri.
L'Accinelli afferma con un certo campanilismo: "Se si pavoneggiano altre
città di aver avuto gran martiri rinfacciando a Genova che sia di santi
mendica, questo è gran loro vituperio, siccome è gran lode di Genova; hanno
quelle i martiri perché li fecero, non li ebbe Genova perché a confessori di
Cristo fu sempre devota e sempre fedele". 12 Ü Su questo punto però dissente il Ferretto:
"Fu scritto che Genova alla Liguria non ha dato martiri, Albenga ha
offerto il primo esempio. Si doveva scrivere piuttosto che dei martiri fu
cancellato il ricordo". 13 Ü Egli ricorda che ancora
nel secolo XIII, a Genova, si faceva una solenne commemorazione, nella
primitiva chiesa di San Siro di "aliorum plurimorum sanctorum martyrum,
confessorum et virginum". Il Ferretto riporta poi quattro documenti,
tutti del secolo XIII: nel primo (del 1283) si dice che in quell'anno furono
trovati sotto l'altare maggiore della Chiesa di San Siro i corpi di San Siro,
San Felice e San Romolo oltre un vaso di terra con "Reliquie
plures" e un'ampolla di vetro con "alie reliquie quam plures";
nel secondo documento del 1245 si dice che la chiesa di San Siro fu edificata
in onore "di Dio, del Signore nostro Gesù Cristo e della Beata Maria
Vergine... e dei beatissimi confessori e nostri patroni Siro, Romolo, Felice
e Valentino e "aliorum plurimorum martyrum, confessorum atque
virginum"; negli altri due documenti (rispettivamente del 1266 e 1277)
sempre con riferimento alla chiesa di San Siro, si parla di "aliorum
sanctorum corpora ibidem ut dicitur requiescunt" e di "plurima
sactorum ac sactarum corpora". Non sembra che questi documenti risolvano in modo
definitivo la questione, infatti: 1. uno solo dei quattro documenti citati parla
espressamente di "martiri" ed è quello in cui si afferma che la
chiesa di San Siro fu edificata in onore dei santi Siro, Romolo, Felice,
Valentino, dei martiri, confessori e vergini. Il documento non parla di
reliquie contenute in quella chiesa, ma della dedicazione della stessa. Né
precisa a quali martiri essa fosse stata dedicata: martiri di altri luoghi il
cui culto era entrato in Genova? martiri genovesi morti a Genova? martiri
genovesi morti altrove ? 2. non è forse strano che le successive
distruzioni, ad opera dei barbari o dei saraceni o delle guerre civili,
abbiano cancellato solo il ricordo dei martìri e non anche il ricordo di
altri santi (ad esempio: S. Siro, S. Valentino ecc..), soprattutto quando si
consideri anche di quale considerazione e onore fossero circondati i martiri
? 3. non è forse strano che, di eventuali martiri
genovesi, non si sia conservato neppure il nome, neppure un nome ? 4. non è forse strano che non si abbia alcun
ricordo di una persecuzione avvenuta in Genova, né di un persecutore che ivi
abbia operato? 5. l'autonomia politica interna nei confronti
della Roma persecutrice, della quale si è parlato sopra, non può essere
sufficiente a spiegare l'assenza del la persecuzione a Genova ? Sono domande non prive di fondamento che, se non
risolvono in modo decisivo la questione, offrono per lo meno elementi di
riflessione. Queste considerazioni non possono escludere in
modo tassativo, assoluto e generalizzato l'esistenza di un qualche martire,
ma suggeriscono invece che Genova non ha perseguitato la fede cristiana,
almeno in maniera tale che ne sia rimasta memoria. b. genuensis ergo mercator: i rapporti
commerciali di Genova con Roma e con la Siria. Già il geografo greco Strabone (+ 24 d.C.)
definiva Genova "emporio di tutta la Liguria". Ciò non va riferito solo al traffico commerciale
con Roma, poiché "A Seleucia, attivo porto di Antiochia, approdavano
tutte le navi dell'imperium e tra queste, quelle genovesi".14 Ü Nell'età imperiale "Genova è ormai
soprattutto un emporio che conserva le sue antiche relazioni col quieto mondo
commerciale dei porti maremmani e campani da un lato e dei porti
greco-provenzali dall'altro". 15 Ü "Col nuovo ordinamento augusteo (...) Genova
assume importanza come emporio perché è la gran porta della Valle del Po.
Oltre al "Portus classis", ha due "portus mercatorii" di
grande attività". 16 Ü Collegata attraverso i traffici marittimi sia con
Roma che con l'Oriente, Genova era certamente in condizioni più che
favorevoli per venire in contatto col messaggio cristiano già molto per
tempo. "E' fuori dubbio che le stazioni marittime e postali, avendo
accolto ben presto colonie di cristiani, con facilità divennero sedi di
vescovi e di corepiscopi. (...) Nel porto di Genova era floridissimo il
commercio dei legnami, delle pecore, delle pelli, del miele, dell'olio, del
vino, dei cavalli, dei muli, delle tuniche, dei saioni ligustici e dell'ambra
(...). Era pure una stazione di ancoraggio per le galee che andavano nelle
Gallie e nella Spagna, per cui Genova avrà - come Marsiglia e Ravenna - dato
ricetto a cristiani esuli, a vescovi perseguitati, a missionari i quali,
sotto specie di mercanti, anche di passaggio, avran fatto la loro
propaganda". 17 Ü Non è quindi inverosimile che il cristianesimo si
sia impiantato a Genova in epoca neroniana o immediatamente successiva e che
qui abbia potuto agire liberamente. Concluderemo comunque col De Negri: "il complesso di queste tradizioni e
memorie ci consente dunque soltanto di confermare il fatto che una comunità
cristiana in Genova venne formandosi molto per tempo, forse alquanto prima
del momento per il quale ce lo attesta l'archeologia". 18 Ü
1
D. Cambiaso, L'anno ecclesiastico e le feste dei santi, p. 201. Ý 2 Paolino, Vita Ambrosii, in
Migne, p.l., XIV, p.38 Ý 3 A.Ferretto, 1 primordi e
lo sviluppo del cristianesimo in Liguria, soc. Ligure di Storia Partria,
Genova, 1908, pag.28. Ý 4 O.c., pp.29-30. Ý 5 "eadem aestate Mago,
Amilcaris filius (...) Genuam, nullis praesidiis maritimam oram tutantibus,
repentino adventu cepit": T.Livio, Storie, XXVIII, 46. Ý 6 "et Lucretio prorogatum
imperium ut Genuam oppidum a Magone Poeno dirutum ex aediphicaret: Livio,
o.C., XXX, 1 Ý 7 del 117 a.C., scoperta nel
1506 a Isosecco (Valpolcevera). Ý 8 G.Poggi, Genova preromana,
romana, medioevale, Ricci, Genova, 1914, pg. 177-8. Ý 9 G. Serra, Storia
dell'antica Liguria e di Genova, Pomba, Torino, 1834, pg. 24. Ý 10 N.Lamboglia, Liguria Romana, Sez. Ligure Ist. Studi Romani,
Alassio, 1939, pag 24; cfr pure: De Negri, o.C., pag 82. Ý 11 N.Lamboglia, o.c., p. 201.
Ý 12 F.Accinelli, Compendio delle Storie di Genova, tomo I,
Lertora, Genova, XIX Ý 13 F.Accinelli, o.c., p.103.
Ý 14 L. Ubertis, Uomini, uomini di fede e santi a Genova, Genova,
1987, p. 10. Ý 15 T.O. De Negri, Storia di Genova, Martello, Milano, 1968, pg.
86 Ý 16 De Negri, o.c.,
pg.226 Ý 17 A. Ferretto, o.c. pg. 163 e 165 Ý 18 De Negri, o.c., pg.
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