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appunti di storia della Chiesa genovese di Luigi Mons. Borzone titoli
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Ü note x immagini |
GENOVA E
MARIA SANTISSIMA C'è nella nostra storia
patria un fatto che, da solo, dimostra il legame profondo tra Genova e Maria
Santissima. Avvenne nel 1637. Nei
giorni 2 e 3 gennaio i Serenissimi Collegi della Repubblica emanarono un
decreto col quale Maria era dichiarata "regina di Genova e di tutto il
dominio". Promotori dell'iniziativa furono il cappuccino P. Zaccaria
Boverio da Saluzzo e la santa Virginia Centurione Bracelli. Il giorno 9 marzo i
Serenissimi Collegi decretarono che sullo stendardo della Torre del Palazzo
pubblico, della galea capitana e delle fortezze della Città fosse effigiata
Maria SS. Il 25 marzo nella cattedrale di S. Lorenzo
avvenne la cerimonia che l'Accinelli racconta: "in detto giorno celebrossi la solennità nella cattedrale
adornata di ricchi apparati, scelta musica, sparo di tutta l'artiglieria e
suono di tutte le campane. Cantò Messa il Cardinale Gio. Domenico Spinola 25 Ü e, giunto all'offertorio, il Duce Gio. Francesco Brignole,
assistito dai due Collegj a nome di tutta la Repubblica, presentogli in un
bacile d'oro lo scettro e la corona regia, con le chiavi e dominio tutto
consacrandosi nello stesso tempo, con Palme e cuori alla Sovrana Imperatrice
tutta la Città, terre e castelli della Repubblica, ricevendo poi esso
Eminentissimo a nome di Nostra Signora il regio donativo, lo pose
sull'altare, ove a mezz'aria era collocata la immagine della B. Vergine fra
un coro d'angeli e se ne formò subito atto pubblico per mezzo del cancelliere
della Repubblica. La statua della B. Vergine Maria era con lo scettro in una
mano e nell'altra il Bambino Gesù che alla Madre dice queste parole "et
rege eos". La quale statua, chiamata "la Madonna del voto" fu
trasportata in appresso nella chiesa di S. Bernardo e, per osservare i
genovesi più viva la memoria di detto voto, nel 1652 nella stessa cattedrale
eressero, di bronzo, un'altra sontuosa statua di N.S. che con molta solennità,
alla presenza del doge e Collegj, la vigilia dell'Assunta si benedisse e
collocossi sull'altar maggiore. Con pari solennità e per ordine pubblico in
memoria di sì divota azione s'improntò nuova moneta di scudi d'argento dove
da una parte lasciata la croce con l'iscrizione "Dux et Gubernatores
Reip. Genuensis", dall'altra togliendone l'impronto del griffo con
l'iscrizione "Corradus II Rex Romanorum" vi era impressa l'insegna
di Maria Vergine, coronata di stelle, collo scettro reale ed intorno le
parole et rege eos" 26 Ü. x1 - x2 La prima statua, lignea,
dì cui parla l'Accinelli era opera del Bissoni ed è oggi conservata nella
chiesa parrocchiale di S. Michele di Fiorino, Voltri; la seconda statua - di
bronzo - che tuttora si ammira sull'altar maggiore della cattedrale è opera
di Giambattista Bianco, su disegno di Domenico Fiasella. Copie di questa
statua furono collocate sulle Porte della città, cfr. capitolo seguente
"posuerunt me custodem". Questo fatto, da solo, dimostra
quali sentimenti e quale venerazione nutrissero i nostri Padri verso la
Madonna. Ma la storia di Genova è
tutta intessuta di "marianità". Non potendo recensire in questo
breve lavoro tutti gli episodi della devozione dei genovesi verso Maria SS., ricorderemo
solo quelli più significativi ed importanti. Un documento del 658, che
si trova presso l'archivio Vaticano, informa che il re longobardo Rotari,
dopo aver espugnato Genova (642-44), edificò un 'castello' entro il quale il
suo secondo successore, Ariperto, costrui un tempio dedicato alla B. V.
Maria: da qui il nome di 'Santa Maria di Castello'. x11 Si tratta dunque di un edificio costruito
nel VII secolo, il primo dedicato alla Madonna entro le mura cittadine. Forse anteriore, perché
costruita secondo alcuni nel 560 e secondo altri nel 641, fu la prima chiesa
di S. Maria delle Vigne "extra muros Januae apud rivum Sixiliae (=Soziglia)
ubi erant vineae".
Questa chiesa fu ricostruita con magnificenza da Oberto Visconte e Idone da
Carmandino e, nei secoli successivi fu ancora ampliata e adornata. x12 x13 Nel 935 Genova subì un saccheggio
da parte dei saraceni: i genovesi spogliati dei loro beni e della loro
libertà, ricorsero a Maria. Si dice che in quel tempo una luce straordinaria
abbia avvolto il 'Monte', la collina così denominata, presso San Fruttuoso,
foriera di grazia. Il 'Monte' fu così consacrato a Maria: li nacque in
quell'epoca una cappella, che divenne poi una chiesa, la quale nel 1946 sarà
insignita del titolo di basilica minore. Nel 1388 il doge
Antoniotto Adorno fece ampliare il Palazzo ducale con la costruzione del
salone sulla cui porta figurava l'iscrizione "ad honorem
Dei ac beatae Virgini Mariae". 27 Ü Nel 1450 scoppiava a
Parigi una pestilenza che si estendeva poi a buona parte della Francia e
dell'Italia. Anche la nostra città ne fu colpita. In quella circostanza
Genova si rivolse a Maria: doge e Collegio degli Anziani stabilirono di
solennizzare in particolar modo la festa dell'Immacolata Concezione se Genova
fosse stata liberata dalla peste. Furono esauditi. Nel 1512 Genova riusciva
a liberarsi della pesante e odiata dominazione francese, che si era
ristabilita sulla Città nel 1499. Già nel 1506 una rivolta
del popolo minuto, detta 'rivolta delle cappette', poiché i rivoltosi, di
bassa condizione, vestivano cappe corte, aveva costretto il governatore
francese ad abbandonare la città. Ma i francesi avevano ripreso in pugno la
situazione, 'giustiziando' Paolo da Novi, nel frattempo eletto doge (1507) e
costruendo a Capo di Faro (presso la Lanterna) una fortezza denominata
"la Briglia", poiché doveva imbrigliare le smanie di libertà, che
fu sempre, in tutto il tempo della sua esistenza, odiata e odiosa per i
genovesi, segno di una servitù mal sopportata. Nel 1512 finalmente Giano
Fregoso - fino allora, esule - occupava Genova, veniva eletto doge e poneva
l'assedio alle due fortezze in mano ai francesi: la fortezza del Castelletto,
sull'odierna spianata di Castelletto, cadeva dopo otto giorni di assedio; la
Briglia cadrà due anni dopo, ad opera del nuovo doge Ottaviano Fregoso e del
coraggio di un uomo di mare, Emanuele Cavallo che, sotto il fuoco
dell'artiglieria nemica riuscirà ad impadronirsi di una nave francese carica
di rifornimenti per gli assediati e ormeggiata presso la Briglia; ne taglierà
gli ormeggi e la trascinerà sulla spiaggia di Sampierdarena. Per la ricuperata libertà
il doge Ottaviano Fregoso ordinò che si dipingesse l'immagine della Madonna
col Bambino e coi Santi Nazario e Celso sulle porte della città, sul
prospetto del Palazzo ducale e delle caserme. Nel 1532 Genova è nuovamente
colpita dalla peste: il doge Battista Spinola e i senatori ricorrono a Maria
e compiono un pellegrinaggio alla chiesa di Santa Maria dei Servi. Il
flagello delle peste termina quasi d'improvviso. Nel 1579 la peste colpiva
ancora nella sola città di Genova 28.250 cittadini. Anche questa volta il
doge, i senatori, la nobiltà e il popolo ricorsero a Maria e decretarono con
voto pubblico di onorare in perpetuo il giorno 8 dicembre e di costruire
nella erigenda chiesa di Banchi una cappella dedicata alla Immacolata. E'
interessante rileggere il documento pubblico redatto dal cancelliere
segretario, conservato nell'Archivio di Stato "Atti del Senato",
filza 1580, n° 379. Ne stralciamo una parte: "Duce,
Governatori et Procuratori della Rep.ca
di Genova, sapendo noi certissimamente et confessando con tutto l'animo et
cuor nostro che li gravissimi et pubblichi peccati di tutti noi hanno
provocato a giusta ira la infinita bontà et somma clemenza dell'Onnipotente
Dio, (...) considerando che l'Istesso Dio nostro Signore è Padre di
misericordia et di consolatione, et quantunque giustamente irato non manca di
essere misericordioso, né ritiene la misericordia nell'ira, anzi riceve in
gratia gli humiliati et contriti di core et perdona li peccati, (...)
preghiamo con le ginocchia a terra et con ogni humiltà il clementissino Iddio
nostro Padre celeste che per li meriti di Gesù Cristo Signore et Salvatore
nostro non vogli riguardare alli peccati nostri, ma benedicendo la Città et
Dominio tutto della Repubblica degni liberarci dalla peste et similmente con
la medesima humiltà preghiamo la gloriosissima Madre et sempre Vergine Maria,
che essendo le nostre preghiere indegne di pervenire al trono della D.M.
ottenghi Lei per noi la liberazione nostra dal Figlio et (...) facciamo voto
(...). Et in fede della nostra volontà et ordine mandiamo che le presenti
siano sigillate dal nostro Sigillo et sottoscritte dal nostro Canc.o et
Secr.o. Date nella chiesa cathedrale predetta a XXII di maggio l'anno MDLXXX
(L.S.) C.o Antonio".
Cessato il flagello si provvide ad adempiere il voto: il Senato edificava
nella chiesa di Banchi (allora in costruzione) l'altare votato all'Immacolata
e sormontato dallo stemma della Patria. Seguì poi la costruzione della chiesa
dell'Immacolata dei Padri Cappuccini, chiesa del "Padre santo". Nel 1625 Genova era
minacciata nella sua libertà dal duca di Savoia, Carlo Emanuele, alleatosi
con la Francia: la città, che non era preparata a resistere all'attacco dei
due alleati si rivolse ancora alla Madonna. "Il serenissimo Doge - dice
il decreto del 20 marzo 1625 - gli eccellentissimi Governatori gli
illustrissimi Procuratori della, serenissima Repubblica genovese (...)
decretano ad unanimità sacro in perpetuo e solenne il giorno dell'Immacolata
e propongono di fare altresì celebrare in ogni sabato dell'anno una Messa
nella chiesa di S. Maria della Pace". 28 Ü Carlo Emanuele fu
costretto alla fuga, abbandonando nelle mani dei genovesi i suoi cannoni. Nel 1626 il doge Giacomo Lomellini
collocava la prima pietra della nuova cinta muraria, l'ultima nella storia
della Repubblica, che avrebbe abbracciato Genova partendo dalla Lanterna,
colle di S. Benigno, raggiungendo Granarolo, il Peralto, lo Sperone per
scendere alla località Chiappe, S. Bernardino, Zerbino e Carignano, fino alla
foce del Bisagno. Un'opera colossale dal percorso di 12.650 metri, alla quale
concorsero con oblazioni tutti i cittadini. La posa della prima pietra
avveniva il 7 dicembre, vigilia dell'Immacolata, presso la Lanterna ove erano
convenuti il doge, il clero e i serenissimi Collegi della Repubblica. La
prima pietra portava inciso il nome di Maria. Sotto di essa venne collocata
una medaglia commemorativa che rappresentava la Madonna e i Santi Protettori
Giovanni Battista, Lorenzo, Giorgio e Bernardo. Nel 1656 un'altra
pestilenza colpiva Genova: in quell'occasione il Senato della Repubblica fece
voto di dedicare alla Madonna la grande chiesa dell'Albergo dei Poveri, che
si stava costruendo. Il 28 aprile il doge Giulio Sauli, i serenissimi Collegi
e il popolo assistevano alla. posa della prima pietra della chiesa. Venne
coniata appositamente e posta nelle fondamenta una medaglia d'argento con
l'immagine della Madonna e dei santi Protettori su un lato e su l'altro lo
stemma della Repubblica. Con l'immagine della Madonna, l'iscrizione "Immaculatae
Conceptionis Deiparae templi ad avertendam pestem publico aere devoti
fondamenta locabant". La chiesa fu dedicata
all'Immacolata. L'immagine della Madonna coi santi Protettori fu dipinta pure
sul grandioso prospetto, accompagnata dall'iscrizione "Auspice
Deo - civium providentia - et liberalitate - montes deiecti, valles
coaequatae - fluentum concameratum - alveus derivatus - egenis - cogendis,
alendis - opificio pietate instituendis - aedes extructae - anno salutis
MDCLV". Il 4 settembre 1746 gli
austriaci al tornando del gen. Brown, superata la Bocchetta, scesero a
Campomorone ed entrarono in Sampierdarena. Il giorno 7 settembre Genova si
arrendeva agli austriaci i quali iniziavano un governo dispotico che doveva
durare appena tre mesi e cioè fino al 5 dicembre, quando l'insurrezione
popolare, iniziata col gesto di Balilla, cacciò gli invasori. A ricordo di questa
liberazione la Repubblica coniò una moneta con l'effigie dell'Immacolata e la
scritta "sub tuum praesidium". Nell'aprile del 1814
risorgeva, dopo la dominazione napoleonica (1797-1814) la Repubblica di
Genova. Issa ebbe breve vita: durò appena sette mesi, ma fece in tempo a
coniare ancora una volta monete con l'effigie di Maria Immacolata. x14 Nel 1941, in piena guerra
mondiale, Genova ricorreva ancora alla Sua Signora e Regina. I bollettini di
guerra del tempo avevano ancora un tono trionfale e sicuro, ma intanto Genova
veniva pesantemente bombardata dal mare il giorno 9 febbraio dalle navi
inglesi. Le conseguenze del bombardamento furono disastrose, le vittime
numerose. Una bomba, provvidenzialmente inesplosa, colpi anche la cattedrale.
Il 25 marzo di quell'anno 1941 il cardinale Pietro Boetto, arcivescovo,
rinnovava la consacrazione di Genova a Maria, nella cattedrale gremita di
popolo. Peggiorando le sorti
della guerra, il 2 luglio 1944, festa della Visitazione di Maria SS., il
collegio urbano dei parroci emetteva voto solenne che, se Genova non fosse
diventata teatro immediato di guerra, si sarebbe tenuta in città una
"missione" di 15 giorni, seguita da un pellegrinaggio al santuario
della Guardia. Il voto fu rinnovato il giorno S dicembre di quell'anno.
Intanto la guerra si avviava alla conclusione ma nel 1945 un nuovo pericolo
incombeva su Genova: la truppe tedesche e il loro comandante Gen. Meinhold
minacciavano di bombardare la città con le batterie pesanti di Monte Moro e
quelle leggere del porto e di far brillare le mine che avrebbero distrutto il
porto stesso: si era alla vigilia di una catastrofe! Invece il 25 aprile il
Gen. Meinhold firmava a Villa Migone, residenza provvisoria dell'arcivescovo,
la resa a discrezione, mediata antecedentemente dallo stesso cardinale arcivescovo
Pietro Boetto e dal suo giovane Ausiliare, Mons. Giuseppe Siri. La città era
salvai Ancora una volta Maria aveva difeso la "sua" Genova,
servendosi dei pastori di questa chiesa. Il voto fu adempiuto con
la "missione cittadina" che si tenne dal 7 al 21 ottobre 1945 e che
terminò con una grande processione che, partita da Piazza della Vittoria,
accompagnò in cattedrale la statua della Madonna, trainata da quattro
cavalli. In cattedrale si cantò il "Salve, Regina" e il "Te
Deum". Si calcolarono oltre 100.000 partecipanti. POSUERUNT ME CUSTODEM Genova volle che le sue Porte fossero vegliate
dalla Sua Regina e infatti su molte di esse troneggiava l'immagine della
Madonna. Nel "Libro delle cerimonie dell'anno 1615 in
1638" alla pagina 393, si legge: "Festa della Madonna nella quale fu da
Serenissimi Collegii acclamata et instituita Signora e Regina della
Repubblica Serenissima e di tutti i suoi Stati.(...) li Serenissimi Collegii
(...) ordinarono (...) che sopra la porta del Palazzo si metta una statua
della Vergine et le altre simili sopra le Porte delle nuove mura, una da
Levante e l'altra da Ponente". La porta da levante era la Porta Pila, la porta
da ponente era la Porta della Lanterna. Porta Pila fu costruita nel 1633,
presso il Borgo Pila, gruppo di case che circondavano la chiesa di S. Zita.
Alla sommità della monumentale Porta fu posta la statua della Madonna con
l'iscrizione: 1. POSUERUNT ME CUSTODEM 2. DUM
TERTIO MURORUM AMBITU URBS MARE FRENAT IN SINUM MONTES CLAUDIT
INTEGRUM QUOD NATURAE MUNIMENTIS DEERAT EXTREMUM PERFICIT - A.D. MDCXXXIII 3. GENOVA CITTA' DI MARIA SANTISSIMA La statua della Madonna è opera del lombardo
Domenico Scorticone, su disegno di Domenico Fiasella. Demolita per ragioni urbanistiche,
la Porta fu ricostruita (1900) in via Montesano, ove può essere ancor oggi
ammirata. La porta
della Lanterna
costruita nel 1633 sul colle di San Benigno, presso la lanterna, era
sovrastata dalla statua di Maria Regina della Città, opera di G.B. Carlone,
collocatavi nel 1637 con l'iscrizione "Serenissimae Repubblicae genuensis
Regina atque Patrona acclamata, die XXV martii MDCXXXVII" anche su questa
porta figuravano le altre due iscrizioni "Genova, città di Maria
Santissima" e "Posuerunt me custodem". Nel 1677 la Porta fu demolita per ragioni
urbanistiche e la statua della Madonna fu trasferita (1937) in capo a molo
Giano, presso la torretta dei piloti, quasi a vegliare l'ingresso nel porto. Durante l'ultima guerra la statua fu scaraventata
in mare dallo spostamento d'aria conseguente l'esplosione delle bombe (1944);
fu ricuperata il 7 e l'8 febbraio 1946 e, dopo il restauro venne ricollocata
a molo Giano, ove se ne trova tuttora una copia (l'originale è stato
trasferito per motivi di salvaguardia a Palazzo San Giorgio). La Porta S.
Tomaso
faceva parte della cinta muraria che nel 1346 venne allargata sino alla zona
di Principe, ed era inserita nelle mura che scendevano dal Forte di S.
Giorgio, oggi: Istituto idrografico della Marina Militare, fino al mare, Mura
degli zingari. Da questa Porta fuggirono gli austriaci col
Generale Botta per riparare a Sampierdarena, a seguito della rivolta popolare
del dicembre 1746. E in questa zona divampò forte la battaglia. I genovesi che erano insorti al grido di
"Viva Maria" collocarono all'interno della Porta (1749) una statua
della Madonna, in segno di gratitudine e vi apposero l'iscrizione: "Dei Matre
auspicante portis vindicatis - obsidíone soluta - voluntarii ex civibus
milites Patronae optimae maximae - anno MDCCXLIX". La Porta venne demolita nel 1840 e la statua
della Madonna fu trasferita col consenso del governatore nel cortile
dell'antico seminario di Via Porta degli Archi. Da qui, quando fu costruito
il nuovo seminario al Righi, la statua fu trasportata nel nuovo edificio e
collocata nella cappella invernale, ove si trova tuttora. La Porta di
Ponte Spinola in porto, nei pressi di piazza Caricamento era custodita dalla statua
di Maria che, dopo la demolizione della Porta, fu collocata in una nicchia in
Via Pré, ov'è ancor oggi. La Porta di
Ponte Reale
era sovrastata dalla statua della Madonna che, dopo la demolizione della Porta,
fu trasferita sul piazzale della chiesa della SS. Concezione dei Padri
Cappuccini, il Padre Santo, ove si trova tuttora. x17 A queste immagini di Maria vanno aggiunte le
innumerevoli edicole, talune di notevole valore artistico, che sono
disseminate nella città: nel 1856 i fratelli Remondini ne contavano 349.
Non avevano "paure" i nostri Padri:
rudi navigatori, astuti commercianti, amanti della libertà, fieri e forti,
non ebbero vergogna ad inchinarsi alla Madre di Dio, dichiarandola loro
Regina e Patrona. Una tradizione nobile, che deve continuare! UBI
STETERUNT PEDES EIUS LA
GUARDIANA DELLA CITTA Il secolo XV decisamente
non fu felice per Genova, soprattutto a causa delle guerre interne tra le
famiglie dei nobili Montaldo, Spinola, Vivaldi, Negroni, Guarchi, Boccanegra,
De Franchi contro gli Adorno e i Campofregoso; e più tardi, nel 1478, tra
Adorno e Campofregoso. Queste profonde e lunghe
discordie portarono Genova ora sotto la dominazione francese (1396, 1458,
1494), ora sotto quella viscontea di Milano (1421,1468) Il tutto intriso di
rivolte popolari (1425, 1427, 1435, 1468) e di intrighi di nobili i quali,
per interesse di famiglia, consegnavano la Repubblica ora a questo, ora a
quel padrone. Soprattutto per colpa loro Genova fu trascinata in nuove guerre
contro Venezia e contro Firenze. Giustamente, riferendosi a episodi del 1218,
l'Accinelli scriveva: "furono aggiunti al Podestà otto cittadini per
rettori o assistenti che poi furono addimandati nobili. Di qui nacque questo
nome per cui tante ruine successero nella Repubblica". 29 Ü Frattanto il popolo
soffriva, l'erario era dissanguato, il commercio quasi distrutto, il credito
ribassato» 30 Ü, la vita cittadina
turbata da fazioni, incendi, balzelli ingiusti. La Repubblica non aveva
chi la "guardasse": i suoi capi curavano i loro interessi. Ad essi
si poteva applicare il rimprovero di Dio ai re-pastori d'Israele: "hanno
pasciuto se stessi, senza aver cura del mio gregge" (Ez. 34,8). Ed allora
venne LEI, la Guardiana, la Madre. Fu il mattino del 29 agosto 1490 sul Monte
Figogna, in Val Polcevera. "Benedetto da Pareto
della villa di Livellato" - così lo identifica una "memoria"
del 1530, conservata in copia autenticata dal cancelliere arcivescovile, G.B.
Badaracco, nel 1629 - si trovava quel giorno al pascolo sul monte. Era in
attesa della moglie che come ogni mattina sarebbe giunta a portargli il
pasto. Improvvisamente gli apparve una dolce Signora, circonfusa di luce, che
si presentò come "Maria, madre di Gesù Cristo" e gli chiese di
costruire in suo onore una cappella sul monte. Benedetto fece presenti le sue
modeste condizioni economiche, al che la Signora lo rassicurò "farò in
modo che tu sia aiutato". Poi la Signora sparì. Benedetto raccontò l'accaduto
alla moglie che, incredula, lo gratificò di "balordo e matto
affatto". Il pover'uomo si lasciò convincere ed accantonò in cuor suo la
cosa. Il mattino dopo, salito su un fico per cogliere i frutti, cadde
"che quasi era tutto fracassato e rotto braccia, testa e gambe e tutta
la vita in modo tale che non si poteva muovere". Portato a casa, si
mandò a chiamare "un barbiere subito gionto e trovatolo così mal
trattato lo medicò al meglio, avvisando li suoi che chiamassero un altro
barbiere in sua compagnia, perché teneva il caso per disperato". Nella notte seguente ebbe
ancora una visita della Madonna la quale, dopo averlo rimproverato per la sua
debolezza di volontà nell'aver accantonato la richiesta da Lei avanzata, lo
lasciò completamente risanato. Benedetto mantenne la
promessa e con l'aiuto di molti riuscì a costruire la prima cappella -ancor
oggi in parte esistente, adibita a sacristia - nel luogo stesso
dell'apparizione, poco sotto l'attuale santuario. Tra il 1528 e il 1530 si
costruì una nuova chiesa. x32 Ora Genova aveva una nuova
"fortezza" superiore e anteriore ai numerosi "Forti" che
saranno costruiti nei secoli XVIII e XIX, una fortezza superiore, perché
celeste. Il 31 maggio 1654 il
card. Stefano Durazzo incoronava l'immagine della Madonna; il 25 luglio 1822
l'arcivescovo Mons. Lambruschini consacrava la chiesa; il 14 giugno 1857
l'arcivescovo Mons. Andrea Charvaz poneva la prima pietra del nuovo santuario
che veniva consacrato il 26 maggio 1890 dall'arcivescovo Mons. Salvatore
Magnasco e che è l'odierna costruzione, innalzata con il concorso delle
popolazioni della Polcevera che lavorarono gratuitamente, a turni per
parrocchie, sino a lavoro compiuto. Il 10 giugno 1894 Mons.
Tomaso Reggio incoronava, in nome di papa Leone XIII la statua della Madonna,
opera del genovese Antonio Canepa, che si trova nell'edicola sovrastante
1'altar maggiore. Finalmente l'11 marzo 1915 il papa genovese Benedetto XV
insigniva il santuario del titolo di "basilica minore". Dall'alto
del Figogna Maria "guarda" la città, la vede e la protegge: è la
"Madonna della Guardia". La Madonna che i marinai al loro arrivo in
porto salutavano con salve di artiglieria perché li aveva
"guardati" nel viaggio. La Madonna che i genovesi fecero conoscere
all'estero, ove andarono emigranti. La Madonna che i genovesi portarono
persino in Vaticano. Il titolo di
"Madonna della Guardia" non lo scelse Lei, glielo conferirono i
Genovesi perché volevano che fosse loro guardiana. Dall'alto del Figogna.
25 Nel 1635 era stato nominato arcivescovo di
Genova il Card. Stefano Durazzo che tuttavia non potè entrare in diocesi se
non nel novembre del 1637 per impegni a Ferrara. Ý 26 F. Accinelli, o.c., pg. 108-09 Ý 27 F. Accinelli, o.c., pg. 38 Ý 28 Archivio di Stato, Atti ecclesiastici, sala
74 A. Ý 29 F. Accinelli, o.c. pg. 26 (all'anno
1216) Ý 30 cfr. F.Donaver, Storia di Genova (già
citata), pg.127. Ý |