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Parrocchia di S. Ambrogio in Mignanego (GE)

 

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Le posizioni

Le posizioni del corpo hanno una grande importanza: sono dei messaggi. Vediamo ora quali significati esse han­no quando siamo in Chiesa.

 

q  In piedi: è la posizione di chi è pronto a partire, di chi ha disponibilità e attenzione. Nella Messa, per esempio, stiamo in piedi durante la lettura del Vangelo sia per mo­strare un'attenzione maggiore, sia per essere pronti a par­tire in modo da compiere ciò che il Signore ci suggerisce.

 

q  Seduti: è la posizione di chi si mette in ascolto, in attesa di un messaggio importante. Nella Messa ci sediamo durante le letture, du­rante la presentazione delle offerte e dopo la comunione.

o Inginocchiati: questa posizione indica adorazione, esprime cioè la gloria, la potenza che noi riconosciamo a chi ci sta davanti. Con questo gesto diciamo che siamo alla presenza di Qualcuno che è superiore a noi e che, quindi, merita tutto il nostro rispetto.

 

q  Prostrati: ci si stende completamente a terra con il viso rivolto verso il basso. È raro che oggi vediamo qualcuno in questa posizione; generalmen­te la incontriamo durante l'ordinazione di nuovi diaconi e sacerdoti. La prostrazione sottolinea la pochezza, la piccolezza, la debolezza dell'uomo davanti alla gloria di Dio; dice che l'uomo è un nulla, se paragonato al suo Signore: e come un granello di sabbia che si perde per terra.

Ma, nonostante la sua piccolezza, l'uomo è al centro delle cure di Dio...

 

Le azioni

Come le posizioni, anche le azioni hanno una grande importanza e sono un messaggio che noi dobbiamo imparare a leggere. Quando compiamo delle azioni sull'altare, teniamo presente sempre che non stiamo facendo sem­plicemente delle cose, ma stiamo servendo il nostro Re e siamo alla sua presenza.

 

q  Abbracciare: questo segno indica lo stile da fratelli che dovrebbe essere presente fra tut­ti i cristiani; incontriamo questo gesto in occa­sione dello scambio della pace nella Messa.

 

q  Alzare le braccia: le braccia e i palmi del­le mani sono rivolti, quasi tesi, verso l'alto: è sempre l'azione di chi prega, ma con questo ge­sto viene sottolineata l'invocazione verso il cie­lo, «casa» di Dio, e il desiderio di elevarsi, quasi di congiungersi con Lui; inoltre le braccia e i palmi delle mani rivolti ver­so l'alto esprimono il bisogno di ricevere l'aiuto da chi è più grande e po­tente di noi.

 

q  Baciare: nella liturgia il bacio esprime venerazione, stima e affetto. Ve­diamo questo gesto all'inizio e alla fine della Messa, quando il celebrante bacia l'altare, simbolo di Cristo, o quando i fedeli baciano una reliquia o un crocifisso.

 

q  Battersi il petto: la mano destra percuote decisamente, ma delicata­mente il petto all'altezza del cuore per riconoscere gli sbagli, ed esprimere il pentimento per averli compiuti.

 

q  Genuflettere: si piegano entrambe le gi­nocchia fino a toccare il pavimento. Può essere fatta anche con un solo ginocchio: in questo ca­so si piega il ginocchio destro fino a portarlo vi­cino al tallone sinistro. Il gesto di inginocchiar­si esprime la nostra adorazione nei confronti del Signore: riconosciamo che Lui è Dio, è più grande di noi e che è davvero presente con tut­ta la sua persona. Ci inginocchiamo, infatti, da­vanti all'Eucaristia riposta nel tabernacolo o al pane e al vino appena consacrati sulla mensa.

 

q  Giungere le mani: si congiungono i palmi e le dita della mano all'al­tezza del cuore. Questa azione sta ad indicare che ci stiamo mettendo in preghiera. È un gesto che significa supplica, domanda, richiesta fatta a chi è più grande di noi. E poi, tenere le mani giunte, evita di averle penzoloni o che si infilino nel naso o che facciano movimenti maldestri che distrarreb­bero quanti, tra i fedeli, ci stanno vedendo.

 

q  Imporre le mani: le braccia sono tese in avanti e i palmi delle mani so­no rivolti verso il basso. Si tratta di un gesto «altissimo» perché non è una posizione che indica preghiera e basta, ma esprime l'effusione, la trasmis­sione, il dono dello Spirito Santo. Vediamo questo gesto durante la consa­crazione del pane e del vino sull'altare, durante la Cresima, l'ordinazione e la remissione dei peccati nella confessione.

 

q  Inchinarsi: si piega, dolcemente e con calma, il capo in avanti ed è un segno di riverenza, di rispetto che si fa verso qualcuno per riconoscere la sua dignità: l'inchino lo si fa al Crocifisso, all'Altare, al Libro dei Vangeli, al Sacerdote e anche all'Assemblea radunata in Chiesa perché sono il segno della presenza di Dio.

 

q  Processione: più persone camminano, procedono in fila ordinata, ver­so una meta ben precisa. Questo gesto esprime visivamente il cammino ver­so Dio da parte dell'intera Grande Famiglia che è la Chiesa; dice anche che tutti i credenti sono un solo grande popolo, il popolo di Dio in cammino verso il Regno dei cieli. Incontriamo il gesto della processione: all'inizio e alla fine della Messa, quando il Sacerdote entra od esce dalla chiesa prece­duto dal corteo dei ministranti; durante la comunione nella Messa dove i fe­deli si dispongono in fila per andare a ricevere il Corpo del Signore; du­rante le processioni popolari, dove si portano delle statue di santi o della Madonna.

 

q  Segno della croce: questo segno indica che tutto quello che stiamo per fare lo compiamo in nome di Dio, lo facciamo per Lui, davanti a Lui e in­sieme a Lui.

 

 

Le parole

Abbiamo visto che sia le posizioni come le azioni, nella liturgia, espri­mono sempre un messaggio; accanto a queste troviamo anche delle pre­ghiere, delle risposte che dobbiamo recitare, anzi pregare, per essere au­tentici protagonisti, e non semplici spettatori della celebrazione.

Cerchiamo però di scoprire il significato delle parole che pronunciamo per evitare che la liturgia si riduca ad una vuota replica di frasi e divenga in­vece un momento di vero incontro con il Signore.

 

q  Acclamazioni: sono delle preghiere, generalmente brevi, pronuncia­te o cantate da tutti i fedeli, a voce alta, che lodano, glorificano, esaltano la grandezza e la bontà di Dio. Ecco qualche esempio di acclamazione: l'Al­leluia (che vuol dire «Lodate Dio»); le risposte dopo le letture e il Vange­lo: «Gloria a te o Signore», «Lode a te o Cristo»; prima della comunione: «Tuo il Regno, tua la potenza e la gloria nei secoli».

 

q  Canti: i canti sono delle preghiere messe in musica da alcuni musicisti e fanno parte della celebrazione a tutti gli effetti. Chi evita di cantare, dun­que, taglia delle parti alla sua preghiera e la rende monca, poco gioiosa. Quella cantata è una delle più alte forme di preghiera perché coinvolge con­temporaneamente la voce, il pensiero e i sentimenti che solo la musica sa su­scitare. Se vuoi essere un bravo ministrante, devi allenarti a tirare fuori la voce anche durante il canto, sostenendo l'assemblea e, soprattutto, pre­gando il tuo Signore attraverso la musica.

 

q  Dialoghi: nella liturgia troviamo delle parti recitate solamente dal Sa­cerdote e delle parti che sono proprie dell'assemblea; altre ancora, invece, formano un dialogo fra Sacerdote e la Grande Famiglia che è la Chiesa. Questi dialoghi per un verso esprimono il colloquio fra gli uomini e Dio, fatto di inviti e di risposte; per l'altro verso, invece, ci insegnano che dob­biamo esortarci l'un l'altro alla preghiera.

 

q  Preghiere: sono bellissime formule di ringraziamento, altissime lodi, profonde domande presentate a Dio Padre in nome di Gesù e per suggeri­mento dello Spirito Santo. Vengono pronunciate dal Sacerdote o da tutta la Grande Famiglia che è la Chiesa.

 

q  Proclamazioni: sono la lettura lenta ed attenta della Parola di Dio. La Parola, che è il grande consiglio di vita che il Signore ci dà e la descrizione del­la sua immagine, del suo volto, non va semplicemente letta così come si fa con un libro o un racconto. Va invece proclamata, cioè annunciata, divulgata co­me un messaggio importante. Il tono di chi legge dovrà dunque essere so­lenne, perché è Dio che parla attraverso la bocca degli uomini; la lettura del testo sacro sarà lenta e precisa, perché i fedeli non perdano nulla del grande consiglio di vita che Dio ci dà.

 

Gli atteggiamenti

Prendiamo ora in esame alcuni atteggiamenti indispensabili per essere dei bravi ministranti sono la conseguenza di una consapevolezza:

che sei alla presenza di Gesù, che è il Signore e  Re di tutti gli uomini e questo Re, fa festa insieme a tutti i suoi amici, regalando loro la sua libertà, la sua gioia, la sua salvezza.

Quando servi all'altare, allora, cerca di essere sempre attento e di non perdere nessuna occasione per incontrarti con il tuo Signore.

Agendo così, aiuterai tutte le persone che ti vedono sull'altare a stare attente e, con il tuo modo di fare, permetterai loro di comprendere che si sta compiendo qual­cosa di veramente importante.

 

q  Pietà: per pietà qui non intendo lo stile compassionevole che assu­miamo quando ci troviamo davanti a qualcuno in difficoltà, ma il profondo senso religioso, la percezione di essere alla presenza di Dio, il sentimento di rispetto per il luogo in cui ci troviamo e per la Persona che incontriamo. Per «pietà» si intende anche la preghiera. Se tu vuoi servire il Signore, la prima cosa che devi fare è pregare per non ridurre un'altissima missione ad un garbuglio di cose da fare. Dio desidera che ogni tuo gesto, ogni tua parola, ogni tuo pensiero sia un segno del bene che gli vuoi. Fai crescere la tua vita di preghiera e non arrivare in Chiesa all'ultimo minuto: cerca di venire al­meno un quarto d'ora prima della celebrazione per fermarti a parlare con il tuo più grande amico: il Signore.

 

q  Prontezza: siccome ti immagino sveglio e intelligente, non occorre che spenda troppe parole sulla prontezza. Se sei un ragazzo in gam­ba, se sei attento durante le celebra­zioni, capirai con un semplice colpo d'occhio quello che manca. Cerca dunque di essere sempre attento, preparato, pronto e scattante.

 

q  Silenzio: quando siamo sull'al­tare, siamo davanti al Signore. E Dio non è muto, ma vuole entrare in dialogo con ciascuno di noi. Quan­do entri in Chiesa, nella casa del Si­gnore, impara a fare silenzio: non chiacchierare per non disturbare chi potrebbe pregare, per rispetto a Dio che lì è presente e per metterti in at­teggiamento di ascolto fin dall'inizio.