Parrocchia
di S. Ambrogio in Mignanego (GE) |
Introduzione
alla Bibbia / 7 |
i generi letterari |
Oggi non ci si veste come ieri, né
domani come oggi; né nella stessa epoca ci si veste allo stesso modo in tutti
gli angoli della terra. Qualcosa del genere accade anche
riguardo al nostro modo di parlare e di scrivere: oggi non si scrive come
ieri, né l'orientale scrive come l'occidentale. Perfino le stesse parole non hanno
sempre lo stesso significato. La differenza aumenta quanto più gli uomini
sono distanti nel tempo e nello spazio. Un orientale di tremila anni fa è
diverso in tutto da un occidentale dei nostri giorni. Inoltre c'è diversità
nei modi di esprimere il pensiero: esistono la poesia, la storia,
l'allegoria, il romanzo, ecc. Il poeta non scrive come uno studioso: il primo
si permette certe libertà (immagini, paragoni, iperboli), mentre il secondo
deve attenersi ai dati precisi, ai termini esatti. I diversi modi di esprimere per
iscritto il pensiero, che si sono usati e si usano in determinate epoche e
luoghi, vengono chiamati generi
letterari. La loro conoscenza è di grande importanza: essi possono
aiutarci a chiarire alcune cose fondamentali riguardanti la Bibbia, a
leggerla e comprenderla meglio. Infatti, come in ogni letteratura di
qualsiasi paese o nazione, anche nei Libri Sacri, che sono scritti da uomini
per gli uomini, si ha notevole diversità di generi letterari. Nei 73 libri della Bibbia troviamo,
infatti, storie vere, romanzi storici, allegorie, favole, parabole, poemi,
poesie, leggende, proverbi, simbolismi, antropomorfismi (cioè attribuzioni
a Dio di forme umane), ecc. Perfino in uno stesso libro o capitolo a volte
coesistono generi letterari diversi. Molte persone, senza rendersene conto,
nel leggere la Bibbia assumono lo stesso atteggiamento che se leggessero un
autore moderno. Ma non può essere così! Non si può parlare, per esempio, del
lago di Tiberiade, descrivendolo come se fosse il lago di Garda! Sarebbe un
controsenso. Gli scrittori biblici, infatti, come
Isaia, Geremia, Giovanni, ecc., sono molto diversi da noi oggi. Vissero tanti
anni fa le stesse verità che viviamo noi, ma le espressero in modo molto
differente. E noi, se li leggiamo come autori moderni, corriamo il
rischio di fermarci solo al loro modo
di dire le cose e di non arrivare a capire ciò che vollero dire. Così finiamo per
non comprendere la Bibbia. È dunque
necessario per noi affrontare, sia pure in breve, l'importante problema dei generi letterari. CHE COSA INSEGNA LA CHIESA Pio XII,
affrontando questo tema nell'enciclica che scrisse sullo studio delle Sacre
Scritture, la Divino afflante Spiritu, ci ricorda:
"Gli antichi orientali non impiegavano sempre le stesse forme e gli
stessi modi di dire di noi oggi, ma quelli che erano usati correntemente
dagli uomini del loro tempo e dei loro paesi". Quindi aggiunge
che, per conoscere il vero senso degli scritti sacri, occorre determinare
bene il genere letterario a cui appartengono. In un'altra
enciclica, la Humani generis, lo stesso Pio XII afferma a
proposito della Genesi: "È in un certo senso assolutamente
necessario che l'interprete retroceda con il pensiero ai lontani e remoti
secoli dell'Oriente, in modo che, aiutandosi con le risorse della storia, dell'archeologia,
dell'etnologia e delle altre scienze, possa discernere e riconoscere quali
generi letterari hanno voluto impiegare e hanno usato di fatto gli autori di
quell'età antica". Perciò il
cristiano, nel leggere la Bibbia, deve saper riconoscere quale genere
letterario ha davanti a sé, cioè deve saper distinguere tra la realtà e la
finzione, tra il nucleo storico e il rivestimento letterario che lo esprime.
Altrimenti finisce per imbattersi in infiniti controsensi. Per prevenire il
lettore da certe delusioni, nate in massima parte dall'ignoranza, tutte le
Bibbie cattoliche recano note esplicative. Molte di esse contengono
un'introduzione per ciascun libro, per far sì che il lettore, prima di
accingersi alla lettura, acquisisca una certa ambientazione. Non si assume lo
stesso atteggiamento di fronte a un racconto storico o a una poesia o a un
romanzo. Di conseguenza,
dobbiamo fare attenzione a non attribuire al testo ispirato un senso che non
ha. Invece di accomodarlo al nostro modo di intendere, dobbiamo accomodare
noi stessi ad esso e attribuirgli il senso che gli ha dato l'autore. Questa
osservazione è di capitale importanza se vogliamo, nella lettura della
Bibbia, ascoltare la Parola di Dio e non la parola umana. Una maggiore
conoscenza dell'Antico Oriente e l'applicazione dei generi letterari
permettono di dare interpretazioni più ragionevoli a passi biblici che prima
erano interpretati comunemente alla lettera. Per esempio: • il frutto dell'albero del paradiso • la creazione di Eva dalla costola di Adamo • il potere misterioso dei capelli di Sansone • il carro di fuoco di Elia ed Enoc • la balena di Giona, ecc. Senza dubbio è
molto difficile interpretare rettamente molti passi biblici, in particolare
dell'Antico Testamento. La loro retta comprensione richiede uno studio serio
e impegnativo. E per aver dimenticato questo, molti cristiani cadono in
un'interpretazione superficiale e troppo letterale della Sacra Scrittura,
disattendendo penosamente ciò che è più importante, cioè il messaggio
racchiuso nei fatti fondamentali. CERCARE I FATTI FONDAMENTALI Noi occidentali
oggi ci esprimiamo in modo realistico e diretto, mentre gli antichi popoli
orientali erano soliti esprimersi attraverso fantasie, immagini o rappresentazioni
animate. Ora, leggendo i
loro testi, noi dovremo imparare a distinguere e cercare anzitutto le idee e
i fatti fondamentali. Un esempio I primi undici
capitoli della Genesi Essi ci rendono
conto, in forma di poema popolare, di alcuni fatti e verità fondamentali della religione: • l'esistenza di un Dio personale, superiore al mondo • la creazione del mondo e dell'uomo da parte di Dio • la dignità della persona umana • il matrimonio • il peccato originale e la promessa di un Redentore. Per di più ci
danno anche la risposta ai problemi umani più vitali: • chi è Dio? • chi è l'uomo? • perché esistono il male, la sofferenza, la morte? I racconti di
questi capitoli sono espressi in forma di scene animate, il loro genere
letterario ha rapporto con la storia, con la leggenda popolare, con la parabola,
con l'apocalisse cosmogonica (rivelazione sulla formazione dell'universo), e
tuttavia non è né storia in senso stretto, né pura leggenda e tanto meno mito
(favole, finzioni astratte). Così anche i
libri di Tobia,
Giuditta, Ester, Giona appartengono a questo genere
letterario, chiamato midrash, che è simile a una parabola o a un racconto
storico, ma in realtà si propone di dare un insegnamento morale. MA PERCHÉ DIO NON HA PARLATO IN MODO PIÙ CHIARO? Viene da
obiettare: se la Bibbia dice cose tanto importanti, se ci comunica il
pensiero di Dio, la sua parola, perché Dio non ci ha parlato più chiaramente?
Così potremmo capirlo tutti senza tanti sforzi. Invece dobbiamo
costatare che la Bibbia riflette una mentalità, una cultura e un linguaggio
molto diversi dai nostri. Ad esempio, per l'uomo biblico "i cedri del
Libano" simboleggiano un qualcosa d'imponente, che mette soggezione per
la sua bellezza e superiorità; "mangiare carni grasse" o vedere
come "l'olio profumato discende dalla barba di Aronne" era una
squisitezza sopraffina. E come è
difficile interpretare il senso di peccato di cui parla Genesi (il "frutto proibito"), o ricevere come Parola di Dio il comando
di sterminare i nemici! Nonostante ciò,
esistono testi fondamentali, che contengono verità irrinunciabili, abbastanza comprensibili da un lettore senza troppi pregiudizi. Per
esempio dal racconto della creazione (Gn 1), senza entrare in
una spiegazione dettagliata sui diversi modi di raccontare lì presenti, emerge
con facilità la verità di fede: Dio ha creato tutto l'esistente con la potenza della sua parola ("Disse... e così fu fatto") e quanto è stato da lui creato è buono ("E vide Dio che tutto era buono"). I progenitori
sono stati collocati nel centro stesso della creazione. In linguaggio
dotto diciamo che la Bibbia è la Parola di Dio inculturata, cioè che ha trovato la sua espressione in una cultura, una lingua, una mentalità determinate, quelle del popolo ebraico. (Cultura = forma basilare di pensare,
sentire e vivere la realtà, propria di un gruppo di persone, in un luogo e
in un tempo determinati). LA BIBBIA PARLA DI DIO CON LINGUAGGIO UMANO Chi ha scritto la
Bibbia aveva come evidente obiettivo di raccontare come Dio si è fatto
compagno di viaggio d'un intero popolo. O se si vuole,
dal punto di vista umano, come un popolo, di generazione in generazione, ha
sperimentato, creduto, amato, servito e disobbedito questo Essere trascendente chiamato DIO, con la convinzione che tra lui e Dio esisteva una
relazione indelebile, a volte difficile, però sempre bella: la relazione dell'Alleanza. Si può
comprendere così come, a causa di questa motivazione religiosa, la Bibbia
sia piena di indicazioni religiose, e che di conseguenza impieghi con tanta
abbondanza un linguaggio simbolico, costellato di immagini. Si comprenderà,
quindi, come Dio invada la storia, grande e piccola, degli uomini: • entri nella
tenda di Abramo • abiti in un
tempio • susciti profeti • compia miracoli • ascolti il
grido di dolore del popolo • abbia
compassione dei suoi peccati, ecc. Persino il Figlio
di Dio si fa uomo ed abita tra gli uomini, è persona dentro la storia e
portatore di un mistero sovrumano. Come parlare di tutto questo senza
rompere qualsiasi schema troppo rigido? La Bibbia è una
testimonianza di fede impressionante. Impressionante perché, dentro fatti
concreti, lo scrittore biblico legge il mistero, un progetto di salvezza, la
presenza di un TU incomprensibile, ma personale, vivo e reale. [tratto da : "Guida allo studio
della Bibbia" a cura di Walter A. Elwell - Ed. Elle Di Ci - 1997] |