Parrocchia
di S. Ambrogio in Mignanego (GE) |
Introduzione
alla Bibbia / 11 |
i libri della Bibbia : i Libri poetici |
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Libri poetici La terza suddivisione dell'Antico
Testamento contiene libri scritti principalmente in stile poetico. Tra questi
troviamo un poema epico (Giobbe), una raccolta di inni e preghiere (Salmi),
una raccolta di detti sapienziali tradizionali (Proverbi), una elaborata
meditazione sulla vita e le sue vanità (Qoelet) e un poema d'amore (Cantico
dei Cantici). La poesia ebraica differisce dalle diverse forme di poesia
moderna In quanto è basata essenzialmente sulla contrapposizione e sulla
giustapposizione di frasi e di concetti, anzichè su ritmi, assonanze e
immagini. Giobbe Autore: anonimo Data: forse
risale al 10° secolo a.C. Contenuto Il libro di Giobbe, uno tra i più complessi
e interessanti dell'Antico Testamento, tratta un tema umano molto profondo:
perché l'uomo è soggetto alla sofferenza se Dio ha il controllo di ogni cosa?
Questo problema ha tormentato le migliori coscienze di tutte le società,
dall'inizio della civiltà fino ad oggi. Il libro, un poema molto lungo e ben
architettato, affronta appunto questo tema. Narra di un uomo, di nome Giobbe,
che in breve tempo perse tutto ciò che aveva. Si trovò coperto di piaghe e
reietto, ad aspettare la morte presso la discarica della città, quando alcuni
dei suoi amici andarono a trovarlo per consolarlo. Celata nel sottofondo
della vicenda c'è la volontà di Dio e la sfida beffarda del Diavolo. La prima serie di discorsi pronunciati
dagli amici di Giobbe ha per tema generale i peccati da lui commessi. Dio
onnisciente e onnipotente, sostengono, non fa altro che dargli ciò che si
merita. Intervengono tutti e tre i suoi amici: Elifaz, un gentile mistico;
Bildad, un tradizionalista piuttosto antipatico; Zofar, una mentalità strettamente
dogmatica. I tre personificano tre diversi atteggiamenti nei confronti del
problema della sofferenza, ai quali Giobbe contrappone il suo punto di vista.
Giobbe risponde a tutti e tre, terminando con un pressante appello a Dio («
Mi uccida pure, non me ne dolgo; voglio solo difendere davanti a lui la mia
condotta! »,13,15), e l'unica cosa che desidera è una vita pacifica e serena
nell'aldilà. La seconda serie di discorsi è
incentrata sul tema che il giudizio divino colpisce i malvagi. Sembra che a
questi tre oratori non venga neppure in mente che ci può essere un mistero
nella vita dell'uomo e che le risposte semplicistiche possono non essere
soddisfacenti. La risposta di Giobbe, tormentata, raggiunge il culmine
(alcuni lo considerano il punto di svolta del libro) in 19,23-29, dove egli
ribadisce la sua incrollabile fede in Dio e nel futuro: « Io lo vedrò, io
stesso, e i miei occhi lo contempleranno». La terza serie di discorsi esalta la
sapienza di Dio e il modo in cui egli governa la vita, sottintendendo che
Giobbe è uno sciocco ignorante e non ha titolo per rispondere a Dio. Giobbe
riafferma la sua posizione: rimane nella convinzione di non meritare ciò che
gli è capitato. Sulla scena compare un altro
personaggio, Eliu, che affronta il problema da un'altra angolazione.
Sostanzialmente egli dice che il cuore di Giobbe è dominato dall'orgoglio e
che esiste una misteriosa correlazione tra questo e le sofferenze che deve
sopportare. Senza dare il tempo a nessuno di
riprendere la parola, Dio risponde a tutti. Gli amici di Giobbe, Eliu e
Giobbe stesso, sono tutti fuori strada. Nessuno di loro conosce tutti gli
elementi necessari, e perciò nessuno è in grado di pronunciare il verdetto
finale. I tentativi di giustificare Dio non raggiungono lo scopo per mancanza
di conoscenza; i tentativi di autogiustificazione sono futili per mancanza di
onestà. Sola Dio è in grado di ricomporre ogni cosa in modo ordinato, e
Giobbe è invitato a imparare la lezione. Quando non ci rimane altro se non
Dio, solo allora ci rendiamo conto che Dio ci basta. Dopo che Giobbe ebbe imparata la
lezione, gli furono restituite tutte le sue fortune ed egli venne confortato
e consolato. « Il Signore benedisse la nuova condizione d! Giobbe più della
prima» (42,12). Spunti
teologici Questo libro contiene molti temi
teologici, tra cui due di particolare spicco: la maestà di Dio e i limiti e i
bisogni dell'uomo. Se noi riuscissimo a tenere queste due realtà nella giusta
prospettiva, non avremmo bisogno di cercare altre soluzioni nei periodi di crisi
della nostra vita. La soluzione dei nostri problemi la troviamo quando
consideriamo Dio per quello che è.
Salmi Autore:
principalmente Davide, ma anche altri autori Data: dal 10° secolo
a.C. in poi Contenuto il libro dei Salmi è probabilmente il
più conosciuto e il più apprezzato dei libri della Bibbia: ha dato conforto
personale, suggerito immagini e presentato inni e preghiere più di qualsiasi
altro libro mai stampato. In un certo senso, rappresenta la Bibbia in
miniatura. I Salmi sono stati scritti in un arco
di tempo molto ampio, forse di 600 anni. Molti di essi sono stati scritti e
raccolti dal re Davide (di qui la denominazione «Salmi di Davide„), ma molti
altri sono stati aggiunti alla raccolta in tempi successivi. Il libro era
usato dagli Ebrei sia per uso comunitario che per uso personale, come avviene
ancora oggi. La comunità lo usava per il culto pubblico; i salmi venivano
letti o cantati, a seconda delle circostanze. Alcuni salmi erano stati
composti in occasione di celebrazioni specifiche, come l'incoronazione del
re. Molti perciò erano inni, lodi e canzoni, cantati dall'assemblea, dal coro
o da entrambi. Gli Israeliti amavano la musica di tipo antifonale. A livello personale, i Salmi erano
usati per le pratiche di devozione privata, perché rispecchiano concretamente
ogni emozione e situazione personale e sociale. Esistono salmi di
ringraziamento, di lamento, di devozione, di preghiera, di dolore, di lode,
di confessione, di penitenza e di meditazione. Il salterio (libro dei Salmi)
è perciò un libro per qualsiasi circostanza ed è in grado di soddisfare tutte
le nostre esigenze. Spunti
teologici I Salmi sono ricchi di spunti
teologici, più di qualsiasi altro libro dell'Antico Testamento. Questo
spiega, almeno in parte, l'accoglienza riservata da sempre ad essi. Nella
considerazione del salmista il punto fondamentale è il concetto della potenza
di Dio: Dio governa l'universo da lui creato. A volte può sembrare che la
situazione sia sfuggita al suo controllo, ma non è vero. Dio sfugge alla
nostra conoscenza, ma noi non possiamo sfuggire alla sua potenza. Egli
interviene al momento opportuno, nel modo giusto. Il nostro compito è quello
di imparare a fidarci di lui. Il libro inoltre pone l'accento sulla
provvidenza di Dio, sul suo intervento pratico. Egli agisce come un maestro
tessitore, intessendo la sua volontà dentro e fuori delle nostre libere
scelte, di modo che alla fine abbiamo un prodotto che è un insieme di
attività umana e divina. Di più, egli agisce anche attraverso la nostra
libera scelta attuando in essa i suoi piani. Questo per il credente dovrebbe
essere di conforto e di incoraggiamento: oltre alle delusioni e alle
difficoltà, abbiamo la certezza che Dio è là, che ha cura di noi ed è capace
di attuare il suo piano amoroso. La tenerezza di Dio è costantemente
messa in risalto. Come un padre che ha compassione dei suoi figli, o la
chioccia che raccoglie i pulcini sotto le sue ali, così Dio si comporta con
noi. Egli si ricorda di quale pasta ci ha fatti, sa che non siamo che fango. Di
conseguenza, non si aspetta da noi ciò che non siamo in grado di fare. È
compassionevole e misericordioso, e tiene conto di ogni possibile risvolto in
qualsiasi situazione. Concede abbondanti margini alla fragilità umana. Dio è rappresentato anche come giusto
giudice. Il male ai danni del popolo di Dio non passa inosservato: a suo
tempo ogni cosa verrà sistemata. La tentazione di arrendersi ai prepotenti o
di andare a ingrossare le loro fila deve essere respinta con la forza che
viene da Dio. Il male non potrà prevalere, perché la giustizia di Dio non lo
consentirà. La risposta che deve dare il popolo di
Dio è evidente. Dobbiamo vivere una vita di preghiera, di lode, di umiltà, di
ringraziamento e di fede. Ognuna di queste idee, approfondita nei Salmi, deve
costituire il sostrato della nostra esistenza. In esse troviamo il segreto
della vita. I Salmi infine esaltano la bellezza
del mondo, il valore della vita, la bontà dell'ordine naturale e la semplice
gioia di vivere. Dall'erba che cresce sotto i nostri piedi ai più sublimi
pensieri che la nostra mente può concepire, alle più lontane stelle del
firmamento, la maestà di Dio insita nell'universo è innegabile e palese a
tutti. C'è tuttavia anche un elemento di mistero. Esistono ambiguità che non
si possono sciogliere senza Dio. Gloria, mistero, ambiguità: sono componenti
essenziali della vita umana, e Dio ne è la fonte e la risposta.
Proverbi Autore:
principalmente Salomone, ma anche altri autori Data: dal 10°
secolo a.C. in poi Contenuto ti libro dei Proverbi riporta la
sapienza popolare di Israele. Normalmente attribuito a Salomone, il libro è
una raccolta di massime che rispecchiano il punto di vista di Israele sul
modo di vivere la vita alla presenza di Dio. Vivere così è saggezza; coloro
che dettavano questi epigrammi erano uomini saggi, o semplicemente « i saggi
». Il concetto di sapienza è molto
diffuso nell'Antico Testamento. Nel senso più pieno e più alto del termine,
la sapienza appartiene solo a Dio. Egli è il creatore di tutte le forme di
vita; egli conosce tutto ciò che accade o potrebbe accadere; a lui
appartengono la terra, l'umanità, tutti gli esseri viventi, le stelle, i
cieli e le schiere angeliche. Tutti questi elementi sono una dimostrazione
della sapienza di Dio. In un passo è perfino detto che la sapienza operava
con Dio «come architetto (8,22-31). La sapienza di Dio dirige gli affari
della natura e dell'umanità, e le sue vie sono imperscrutabili. Le vie di Dio
non sono le nostre vie. Dio ha comunicato parte della sua
sapienza all'uomo. Quando parla della sapienza in questo senso, la Bibbia usa
il termine con tre significati diversi. Alle volte un'arte è definita
sapienza: una persona dotata della capacità tecnica di realizzare qualcosa,
come costruire una nave o un fabbricato, è detta sapiente. Altre volte è chiamata sapienza l'arte
di prendere decisioni assennate, sia di ordine morale che materiale. Infine,
per l'essere umano la sapienza è l'arte di vivere nel modo giusto. Questo
abbraccia tutti gli aspetti della nostra vita, a iniziare dal «timore (rispetto)
del Signore. Si tratta di una conoscenza religiosa e pratica che permea la
nostra vita alla presenza di Dio. Il libro dei Proverbi sintetizza
questo concetto di sapienza in una raccolta di aforismi che toccano ogni
aspetto della vita: rapporti tra genitori e figli, crescita, servizio di Dio,
resistenza alle tentazioni, consigli pratici, ricerca della verità, follia
della ricchezza, situazioni da evitare, conoscenza di Dio, perfezione di
vita, ecc. Spunti
teologici Il tema teologico centrale dei Proverbi
è che Dio è creatore e dominatore. Egli ha creato l'universo imponendogli un
certo modo di comportamento; non possiamo fare a meno di riconoscere la sua
supremazia. La vita è piena di misteri, ma Dio li conosce tutti e ci invita a
rivolgerci a lui perché ci illumini. Il secondo tema, legato al primo, è che
qualsiasi forma di vita può essere redenta: poiché Dio è il creatore della
vita, qualsiasi vita può essere offerta a Dio. Non c'è fase dell'esistenza
umana di cui Dio non si interessi. Un terzo tema è che servire Dio torna a
nostro vantaggio e ci porta a vivere una vita piena e soddisfacente. Questo è
perfettamente logico. Se Dio ha creato la vita in modo che funzioni al
massimo del suo potenziale se vissuta nella maniera da lui stabilita, vivere
in tale maniera conferisce significato e pienezza alla nostra vita. Infine,
solo gli stolti preferiscono la morte. Davanti a noi si aprono due strade: la
strada della vita e la strada della morte. La persona saggia sceglie la vita,
lo stolto sceglie la morte. La scelta definitiva dipende da noi.
Qoelet
(Ecciesiaste) Autore:
probabilmente Salomone Data: 100 secolo
a.C. Contenuto L'autore del libro definisce se stesso
Qoelet (il predicatore). La sua vera identità non è conosciuta, ma
tradizionalmente il libro è attribuito a Salomone re d'Israele. Qoelet è un libro
difficile da capire, in parte perché è strutturalmente disunito, ma
principalmente perché sembra contenere due serie di concetti contrastanti.
Alla lettura si presenta come una raccolta di note per un sermone, messe
assieme in modo non organico, lasciando al lettore di decidere come
utilizzarle. Il libro si presta a due diverse
interpretazioni. Una vede nel libro un atteggiamento pessimistico verso la
vita, che rappresenterebbe il vero punto di vista del predicatore. L'autore
ha sperimentato tutto, e tutto è vanità. La sua conclusione è: vivere la vita
al massimo delle possibilità; poiché con la morte si passa a uno stato di
eterna inesistenza nella quale non c'è né sentimento né coscienza e dalla
quale non si ritorna. I fautori di questa interpretazione spiegano i passi
ottimistici, quelli che comportano la fede in Dio e nella giustizia, come
aggiunte successive. Questa interpretazione può avere un certo fascino,
specialmente nella nostra era piena di scetticismo, ma è talmente contraria a
tutto ciò che troviamo negli altri libri dell'Antico Testamento che non
merita di essere presa troppo seriamente. L'altra interpretazione tende a vedere
nel libro una predica, o una serie di prediche, sulla vanità della vita. Il
predicatore adotta un tono volutamente antireligioso per dimostrare che chi
vive secondo quelle regole non può aspettarsi altro che delusioni. Secondo
questa interpretazione, le affermazioni sull'insulsaggine della vita
rappresentano l'irreligiosità prevalente ai tempi del predicatore anziché il
suo punto di vista. Il pensiero dell'autore è espresso nei passi che parlano
della fede e della fiducia in Dio. Per sostenere la sua tesi il predicatore
mostra che la vita vissuta indipendentemente da Dio, per quanto attraente
possa sembrare, in fondo è deludente e vuota. Mostra che sapienza,
possedimenti materiali, piaceri sensuali, grandi banchetti, potenza e
prestigio non bastano a soddisfare l'uomo. La migliore delle filosofie laiche
può arrivare a conclusioni del genere: la vita è breve, piena di incertezze,
senza significato e priva della vera pace dell'anima; dato che la morte pone
termine a tutto, accontentiamoci di vivere alla giornata e quando moriamo è
tutto finito. Detto questo, il predicatore ha dimostrato la sua tesi: la vita
vissuta senza Dio è un affare senza speranza. Ma non basta. In tutto il libro, in
parallelo con questa filosofia della disperazione, troviamo la convinzione
che Dio vede le nostre aspettative e i nostri dolori ed è pronto a venirci
incontro nell'amore se siamo disposti ad accettarlo (3,17; 8,12;11,9;12,14). La
conclusione che Qoelet presenta su questo argomento è: «Temi Dio e osserva i
suoi comandamenti, perché questo per l'uomo è tutto» (12,13). Niente male
come messaggio evangelico. Spunti
teologici Nel libro di Qoelet si possono notare
due temi teologici di spicco. Primo, la potenza e la redenzione operata da
Dio fanno da sfondo generale a tutto ciò che viene detto nel libro. Dio
esiste, è sempre disponibile e aspetta il momento in cui i traviati
continuamente in cerca di piaceri si rendono conto che questo mondo non è in
grado di soddisfarli appieno. Secondo, la vita non è in grado di soddisfare
le nostre esigenze se la viviamo in modo sbagliato. Non essendo il bene
supremo, la vita non può soddisfare le nostre aspirazioni più intime e i
nostri bisogni. Se invece vediamo la vita come governata da Dio, possiamo
viverla in maniera utile per noi stessi. Il mondo può essere un fedele
servitore oppure uno schiavista molto duro.
Cantico
dei Cantici Autore:
probabilmente Salomone Data: 100
secolo a.C. Contenuto Questo libro rappresenta una delle
sorprese che di tanto in tanto compaiono nella Bibbia, nella quale molti
vedono soltanto un libro che tratta solo di religione e di spiritualità, e
non riescono a capacitarsi come possa comprendere uno scritto che tratta il
tema dell'amore umano. Il Cantico dei Cantici parla di una giovane Sulammita
e del suo amante. C'è l'ammirazione reciproca espressa da entrambi gli amanti
e c'è la descrizione del loro amore fisico. È un quadro molto bello e
vibrante, che tocca il cuore e suscita emozioni. Nel corso dei secoli si sono date
molte interpretazioni a questo libro. Alcuni commentatori hanno ravvisato in
esso un vivido ritratto dell'amore di Dio per Israele o dell'amore di Cristo
per la Chiesa. Considerando il libro da questo punto di vista, questi
commentatori mettono le immagini dell'amore sensuale su un piano più
spirituale. Il libro tuttavia non contiene nessun proposito di trattare il
tema dell'amore di Dio. Altre interpretazioni sostengono che il libro parla
di antichi rituali, di rappresentazioni drammatiche odi riti liturgici. Anche
queste interpretazioni sembrano piuttosto forzate. Probabilmente l'approccio migliore al
Cantico dei Cantici è quello di prenderlo così come si presenta. Il libro
parla dell'amore umano e della sua bellezza. Quando Dio creò il genere umano,
lo fece «maschio e femmina (Gn 1,27). Questo è un semplice e fondamentale
fatto dell'esistenza. Che due persone si amino ed esprimano il loro amore
anche in modo fisico non dovrebbe imbarazzare nessuno. Il Cantica dei Cantici
celebra questo amore in pagine che possiamo considerare una raccolta di canti
lirici o di riflessioni sull'amore. Spunti
teologici La verità fondamentale che questo
libro vuole insegnare è che la costituzione dell'essere umano (psicologica,
fisica, emotiva, ecc.) è stata creata e benedetta da Dio. Là risposta più
appropriata che può dare l'uomo è di accettare se stesso così com'è in
gioioso ringraziamento per il modo in cui Dio ci ha fatti.
[tratto da : "Guida allo studio
della Bibbia" a cura di Walter A. Elwell - Ed. Elle Di Ci - 1997] |