Parrocchia
di S. Ambrogio in Mignanego (GE) |
Introduzione
alla Bibbia / 12 |
i libri della Bibbia : i Profeti / 1 |
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La quarta suddivisione dell'Antico
Testamento contiene gli scritti dei profeti di Israele. Questi a sua volta
sono divisi in due gruppi: i profeti maggiori (Isaia, Geremia, Ezechiele,
Daniele) e i profeti minori (da Osea a Malachia). I termini maggiore e minore
non si riferiscono a una valutazione di merito, bensì alla lunghezza dei
rispettivi libri: i libri dei profeti maggiori sono lunghi, quelli dei
profeti minori, sono brevi. Questa parte dell'Antlco Testamento contiene
anche profezie riguardanti la venuta di Gesù Cristo. Isaia Autore: Isaia Data: 8° secolo
a.C. Contenuto Il libro di Isaia è uno tra i meglio
conosciuti dell'Antico Testamento. È il libro più frequentemente citato nel Nuovo
Testamento e quello usato più spesso da Gesù. La Chiesa lo utilizza nelle
funzioni religiose, come spunto per inni e come punto di riferimento per i
teologi. Vi sono due motivi che spiegano questa popolarità. Primo, il libro
contiene i riferimenti più chiari dell'Antico Testamento alla dottrina del
Vangelo. In esso si trova la descrizione del peccato e sue conseguenze,
l'impotenza del peccatore, il meraviglioso amore di Dio, la promessa del
salvatore e il richiamo alla penitenza e alla fede. Per questo motivo Isaia è
stato denominato « il primo evangelista». Secondo, il libro contiene molti
passi che sono entrati a far parte della normale terminologia della Chiesa e
dell'innografia. Alcuni di questi passi: «Anche se i vostri peccati sono come
scarlatto, diventeranno bianchi come neve» (1,18); «Ecco, la vergine
concepirà... » (7,14); « Ecco, è nato per noi un bambino, ci è stato dato un
figlio ... sarà chiamato ammirabile Consigliere» (9,5); « Il deserto fiorirà
... come una rosa» (35,1); «Consolate il mio popolo» (40,1); «Tutti eravamo
sperduti come un gregge» (53,6); «Venite all'acqua» (55,1); «Quelli che hanno
fiducia nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile» (40,31). Isaia svolse il suo ministero nel
periodo dell'imminente catastrofe che avrebbe presto colpito il regno di
Giuda, la parte meridionale di quella che era stata la nazione di Israele, Il
potente esercito assiro stava già devastando le regioni settentrionali e la
minaccia incombeva anche sulla patria di Isaia. Contro ogni logica, Isaia
cercò di convincere il re Ezechia a fidarsi unicamente della protezione del
Signore, promettendo che Dio avrebbe mantenuto la sua parola di risparmiare
il regno di Giuda. Quando Ezechia decise di porre la sua
fiducia in Dio, la peste devastò l'accampamento assiro costringendo
l'esercito alla ritirata. Per quella volta la piccola nazione dei credenti fu
risparmiata. Isaia scrisse il suo libro in questo difficile periodo
raccogliendovi i suoi messaggi, prediche, resoconti storici, esortazioni e
profezie. Spunti
teologici Il contenuto teologico del libro di
Isaia è uno dei vertici dell'Antico Testamento. Il maggior rilievo nel libro
è dato alla santità di Dio, che è chiamato «il Santo di Israele». La santità
di Dio è il fondamento di tutti i rapporti che Dio ha con il mondo. Per questo motivo Giuda
poteva stare tranquillo: Dio non avrebbe mai fatto nulla che non fosse giusto
ed equo. Isaia cercò di richiamare l'attenzione di Giuda sull'alleanza
(l'accordo vincolante) che Dio aveva stretto con il suo popolo. La nazione
apparteneva a Dio. Egli poteva trovare necessario giudicarli per i loro
peccati, ma non li avrebbe mai abbandonati. Se erano stati deportati come
schiavi, un « resto » sarebbe ritornato per realizzare le promesse fatte da
Dio ai loro antenati. Anche nella sua ira, Dio si sarebbe ricordato della sua
misericordia. Il tema forse più insistentemente
sottolineato nel messaggio di Isaia è quello della venuta del Messia, il
Servo di Dio. Nel libro si trovano quattro elegie sul tema del Servo Sofferente.
In esse è predetto il ministero di Gesù; su un altro livello c'è pure una
descrizione di Giuda che, come nazione, è anch'esso il servo di Dio: 42,1-7;
49,1-7; 50,4-11; 52,13-53,12. Il Servo deve soffrire per il mondo,
instaurare la giustizia, salvare le nazioni, essere la luce dei Gentili,
insegnare la verità a tutti quelli che sono disposti ad accoglierla, ridare
la vista ai ciechi, liberare i prigionieri, stabilire un'alleanza con il
mondo, trattare i deboli con compassione e con amore, dispensare lo Spirito
di Dio, addossarsi i peccati del mondo, intercedere per i peccatori, portare
la conoscenza di Dio a tutti quelli che la cercano, garantire la pace ai
popoli. Tutte queste aspettative sono state
figurativamente (e a volte letteralmente) adempiute da Gesù Cristo. Infine, il libro di Isaia offre una
promessa di salvezza in immagini che sono tra le più belle della letteratura
universale (vedi 1,18;11,1-9; 35,1-10; 40,1-31; 52,7-10; 55,1-7; 61,1-11). Il
messaggio riguarda il perdono e la misericordia di Dio, offerti gratuitamente
a tutti coloro che hanno fede in Dio.
Geremia
Autore: Geremia Data: 7°-6° secolo
a.C. Contenuto Il profeta Geremia è uno dei più noti
personaggi dell'Antico Testamento grazie ai dettagli biografici che si
trovano nel suo libro. Nella maggior parte dei casi l'uomo è subordinato al
suo messaggio, per cui si sa ben poco del predicatore come individuo. Nel
caso di Geremia la vita del predicatore è talmente intessuta nel suo
messaggio che è difficile poter separare le due cose. Geremia visse durante il periodo più
buio della storia di Giuda, durante i regni di ben cinque re, terminato con
la distruzione dì Gerusalemme nel 587 a.C. Egli promosse una riforma
religiosa nazionale sotto il re Giosia (640-609 a.C.) riportando un parziale
successo. Alla morte di Giosia in battaglia gli successe un re che non ebbe
la forza di sottrarsi al ricatto internazionale. Geremia continuò a predicare
il suo severo messaggio di penitenza, esortando il popolo ad accettare la
pesante mano di Dio come punizione per i propri peccati. Per questo, accusato
di disfattismo, passò diversi anni in prigione. Gli si spezzò il cuore al
vedere il male dilagante attorno a lui, e versò spesso cocenti lacrime per la
situazione assurda in cui si trovava. Quando la nazione alla fine fu
conquistata dai Babilonesi, Geremia fu risparmiato e lasciato vivere tra le
rovine di Gerusalemme, dove continuò a predicare. Da ultimo, portato in
Egitto come ostaggio, morì in esilio. Spunti
teologici Geremia come profeta è un simbolo di
fede e dl coraggio. Nel bel mezzo di terribili difficoltà, egli continuò a
predicare con convinzione e con forza. In effetti, era l'unico che si rendeva
chiaramente conto di cosa stava succedendo. La sua dedizione alla chiamata di
Dio era tale che egli non ebbe mai un momento di esitazione, qualsiasi prezzo
dovesse pagare. Per questo motivo Geremia è un richiamo per tutti i tempi al
comportamento richiesto in periodi di crisi. Il fondamento del messaggio di Geremia
è il concetto di Dio come solo creatore e gestore dell'universo. Dio opera
secondo la sua volontà, conosce il cuore umano, aiuta coloro che hanno
fiducia in lui, ama il suo popolo. Egli esige che il popolo risponda con
l'obbedienza e con la fede. Poiché Dio sa cosa sta facendo, neppure la
disperata situazione in cui Giuda era venuto a trovarsi sfuggiva alla sua
conoscenza né esulava dai suoi piani. Se Giuda avesse accettato solo Dio come
Signore, se avesse accettato il suo giudizio, Dio a tempo debito si sarebbe
mostrato il salvatore. Un secondo punto sottolineato da
Geremia è la responsabilità personale dell'uomo. Il popolo non poteva
biasimare nessun altro, ma solo se stesso. Alcuni cercavano di addossare la
colpa dei loro guai agli antenati, alle nazioni confinanti, ai profeti che
stigmatizzavano le loro colpe, perfino a Dio; ma mai a se stessi. Geremia
invece voleva che il popolo si rendesse conto che la restaurazione si può
effettuare solo a patto che siamo disposti ad accettare la responsabilità
delle nostre azioni. Siamo certamente influenzati da tutti questi fattori
esterni, ma essi non possono essere addotti a giustificazione della nostra cattiva
condotta: « Non è mia sorella, non è mio fratello, ma sono io, o Signore, che
ho bisogno della preghiera. Un altro punto sottolineato da Geremia
è la fiducia posta solo in Dio. Troppo a lungo il popolo ha posto la sua
fiducia nella forza militare, nel denaro e perfino nella sua religiosità.
Essi ritenevano che la semplice presenza alle funzioni religiose fosse
sufficiente a conquistare il favore di Dio. Perciò fu per loro un duro colpo
sentirsi dire che a Dio non interessava sapere quanti soldi avessero o se «
andassero in chiesa. Dio non sopporta rivali, diceva Geremia. Infine, Geremia avversò la falsa
religione e i falsi predicatori del suo tempo. La verità deve essere insita
nel nostro cuore. Un giorno Dio avrebbe stretto una nuova alleanza con il suo
popolo (31,31), un'alleanza che porrà la legge nel loro animo e « la scriverà
sul loro cuore, non su tavole di pietra. Gesù è venuto a concludere tale
alleanza e a stabilire la nuova religione per sempre.
Lamentazioni Autore: Geremia Data: 6° secolo
a.C. Contenuto Il libro nella sua forma attuale è
anonimo, ma tradizionalmente è sempre stato attribuito a Geremia. L'autore è
stato testimone oculare della distruzione di Gerusalemme e ne esprime tutto
il suo rammarico; di qui il titolo «lamentazioni ». Sono cinque elegie o
lamenti funebri, scritti secondo il ritmo e lo stile degli antichi canti
funebri ebraici. La ripetizione di questo ritmo, conosciuto fin
dall'antichità come ritmo kinah, in cui manca sistematicamente un elemento, è
un artificio stilistico per sottolineare l'assenza della persona scomparsa,
in questo caso la città di Gerusalemme. Per noi è difficile immaginare che cosa
poteva significare per gli Ebrei dell'Antico Testamento la caduta di
Gerusalemme, perché non abbiamo mai sperimentato una perdita di tale portata.
Per loro era la perdita di ogni cosa: del Tempio, del sacerdozio, dei
sacrifici rituali, della capitale, della nazione e, in molti casi, dei loro
cari scomparsi. Per i sopravvissuti alla distruzione significava una marcia
forzata di oltre 3000 km fino a Babilonia, dove li attendeva l'esilio, la
schiavitù e la miseria. Le Lamentazioni sono state scritte per piangere su
questi terribili fatti. Spunti
teologici Lo spirito del libro delle
Lamentazioni va oltre il semplice rimpianto del passato. Nel libro c'è un
implicito ammonimento: la trasgressione provoca il disastro. I profeti
avevano predetto che Dio avrebbe punito il popolo per i suoi peccati se non
si fosse pentito. Ora le ceneri della città erano una chiara testimonianza
del fatto che Dio li aveva avvertiti e
aveva mantenuto la sua parola. La storia quindi dava ragione a Dio e alla sua
giustizia. Era inoltre una dichiarazione dell'ira di Dio, un concetto che non
aveva mai incontrato molta popolarità. Molti preferiscono sottolineare i lati
più piacevoli di Dio, e giustamente; ma tale atteggiamento non deve mai far
dimenticare che non si può prendersi gioco di Dio. Quando violiamo i diritti
degli altri calpestando la giustizia, Dio è pronto a intervenire per riparare
i torti. A iniziare dal Medioevo, gli Ebrei leggevano questo libro la vigilia
di ogni sabato davanti al muro del pianto di Gerusalemme per commemorare la
caduta della città. È un triste richiamo che ribellarsi a Dio è sempre un
errore. Il libro delle Lamentazioni tuttavia
presenta un altro risvolto. Anche se la nazione di Giuda è depressa, non è
però senza speranza. Il popolo può ancora avere fiducia in Dio e ottenere il
suo perdono. Dio rinnova la sua misericordia ogni mattina, la sua fedeltà è
grande (3,19-39). Vediamo qui il valore della pazienza, della preghiera e
della confessione dei peccati. Dio non tiene il broncio ed è disposto a
ricominciare da capo ogni volta che noi siamo disposti a riconoscere i nostri
errori e a sottometterci ancora una volta a lui.
Ezechiele Autore:
Ezechiele Data: 6° secolo
a.C. Contenuto Ezechiele nacque verso la fine del
regno di Giuda, forse attorno al 620 a.C. Apparteneva a una famiglia
sacerdotale, ma ricevette da Dio la vocazione di profeta. Fu deportato a
Babilonia nel 597 a.C. assieme al re loiachin e si stabilì nel villaggio di
Tel-Aviv sul fiume Chebar. Cinque anni più tardi ricevette la chiamata
formale alla missione di profeta per rincuorare i Giudei in esilio e quelli
rimasti a Gerusalemme, anche se non poté mai più visitare la città. Non
sappiamo a che età morì, ma solo che era ancora vivo 22 anni più tardi
(29,17). Dapprima il messaggio di Ezechiele fu respinto, ma quando giunse la
notizia che Gerusalemme era caduta, il popolo cominciò ad ascoltarlo: le
profezie di Ezechiele si erano avverate (33,21). Quindi si dedicò a predicare
la futura restaurazione, come prima aveva predetto l'imminente castigo di Dio
sulla nazione. Ezechiele era una personalità
straordinaria almeno per tre aspetti. Primo, era dotato dì una fervida
fantasia, evidente nella descrizione che fa di esseri celesti e dell'era che
verrà. Secondo, possedeva doni soprannaturali
che gli consentivano di vedere in dettaglio gli eventi che si verificavano a
Gerusalemme, distante quasi 2000 km. Terzo, era un uomo di grande coraggio e
determinazione. Non si scoraggiò al vedere che il suo messaggio non veniva recepito,
ma continuò a predicare la verità. Quando alla fine i fatti gli diedero
ragione, non ne provò soddisfazione, ma continuò a svolgere la missione
affidatagli da Dio. Come profeta della nazione, Ezechiele
scelse un compito particolare: vedeva se stesso come pastore, guardiano e
difensore di Dio. Nella veste di pastore il suo compito era quello di
vegliare sul popolo, guidandolo dall'interno. Vedeva se stesso come simbolo
del Grande Pastore che doveva venire, il Messia, Gesù Cristo, Come guardiano
doveva avvertire il popolo dell'imminente giudizio di Dio. Come la sentinella
scruta nella notte per avvertire dell'avvicinarsi del nemico, così Ezechiele
scrutava nel buio dei tempi e lanciava l'allarme dell'incombente castigo di
Dio. In qualità di difensore di Dio, egli sosteneva che la nazione era caduta
non perché Dio fosse debole, ma a causa dei peccati del popolo. Spunti
teologici AI centro del messaggio di Ezechiele
c'è la trascendenza di Dio. La visione introduttiva del profeta, con la sua
ricchezza di strane immagini e figure, sottolinea questo concetto. Dio è
talmente al di sopra delle sue creature che le parole non bastano a
descriverlo adeguatamente. Perciò sono necessarie strane figure retoriche per
far capire che Dio è superiore a tutto il creato. Ezechiele ha dato fondo ai
suoi poteri descrittivi per spiegare chi è Dio. È interessante notare che al
termine della sua magnifica visione nel capitolo introduttivo, si prostrò con
la faccia a terra davanti al Signore in adorazione. Ezechiele sottolinea inoltre
lo Spirito di Dio. Gli altri profeti, per far risaltare la presenza e
l'attività di Dio, usano l'espressione « la parola del Signore. Ezechiele
dice che è lo Spirito di Dio che lo guida. E lo Spirito guida Ezechiele
perché egli trasmetta al popolo un messaggio che lo porterà a Dio. Il loro
problema era quello di aver perso i contatti con Dio, di non conoscere più
Dio. Non è che non avessero sentito parlare di Dio, ma non lo conoscevano più
personalmente. Conoscere Dio in questo senso significa riconoscere la
sovranità di Dio sulla storia e su noi stessi. Dio deve essere riconosciuto
come nostro Dio. Ezechiele porta anche un messaggio di
giudizio. Poiché Giuda ha peccato contro Dio, il castigo di Dio non può
essere differito. Giuda aveva disobbedito alle leggi di Dio, profanato il
Tempio, trascurato il Sabato, accettato l'impurità e la contaminazione,
stretto alleanze con popoli stranieri. Per questo doveva essere punito.
Infine Ezechiele porta un messaggio di speranza. La nazione si sarebbe
risollevata dalle ceneri della sua distruzione come un morto risuscita dalla
tomba. Questa speranza è vividamente raffigurata nella visione delle ossa
aride (c. 37). È in arrivo una nuova era, nella quale Dio regnerà sovrano.
Daniele
Autore: Daniele Data: 6° secolo
a.C. Contenuto il nome Daniele significa « Dio è mio
giudice. Era di discendenza reale, forse apparteneva a una famiglia nobile di
Gerusalemme. Fu deportato in Babilonia da Nabucodonosor durante il regno di
loiakim, perciò prima della caduta di Gerusalemme nel 587 a.C. Essendo stato
riconosciuto come un giovane promettente, fu educato alla corte babilonese
assieme agli altri giovani cortigiani. Il suo corso di studi comprendeva
lingue e scienze, probabilmente in preparazione alla carica di funzionario
del regno. Durante il periodo di preparazione gli fu concesso di seguire una
dieta vegetariana e bere acqua anziché servirsi della mensa reale con cibi
ricchi e vino. L'impegno dimostrato da Daniele lo rese ben presto migliore
dei suoi condiscepoli babilonesi. Nel secondo anno del suo regno
Nabucodonosor ebbe un sogno che solo Daniele fu in grado di interpretare.
Grazie a ciò, fu nominato capo degli scienziati babilonesi (maghi). Dopo la
morte di Nabucodonosor (562 a.C.) sembra che Daniele abbia perso il suo posto
a causa del cambiamento di governo. Durante il regno di Baldassar, tuttavia,
troviamo di nuovo Daniele nella carica di Terzo Governatore in seguito
all'interpretazione di alcune scritte misteriose apparse sulla parete durante
un banchetto. Daniele rimase poi in carica anche
durante i successivi regni di Dario e di Ciro di Persia. Era evidentemente
una persona intelligente e retta, stimata anche dai regnanti pagani. Era
protetto da Dio in modo miracoloso, e perciò fu in grado di scrivere un libro
come questo. Dei suoi ultimi anni e della sua morte non sappiamo nulla. Il libro di Daniele consiste
principalmente in una serie di sogni profetici e di visioni. Vi si trova
anche materiale storico, ma solo come sfondo per il materiale profetico.
Daniele interpretò il primo sogno di Nabucodonosor (2,1-49) nel senso della
caduta di quattro grandi regni. Il secondo sogno di Nabucodonosor (4,1-37)
mette in evidenza la vanità e l'orgoglio di questo re. Il sogno di Daniele (7,1-28) richiama
il primo sogno di Nabucodonosor, con la differenza che i quattro regni del
mondo sono rappresentati da bestie fantastiche anziché dai diversi metalli
che componevano la gigantesca statua. In questo sogno compare per la prima
volta una figura chiamata «figlio dell'uomo» (7,13). (Nel Nuovo Testamento
Gesù usa questa espressione riferendola a se stesso). Daniele ebbe un'altra
visione (9,24-27), forse la più importante di tutto il libro, che parla a di
un tempo in cui l'opera di Dio sarà completata. Molti cristiani vedono questa
profezia avverata in Cristo, colui che ha espiato per le nostre iniquità e
porterà giustizia eterna. Daniele ebbe altre visioni (8,1-27;11,2-20;
11,21-12,3), anch'esse profetiche, che riguardano gli avvenimenti della
storia del mondo. Spunti
teologici Nel messaggio di Daniele possiamo
riconoscere quattro elementi. Primo, Dio è onnisciente. Egli predice
avvenimenti futuri e ha rivelato alcuni di questi segreti ai profeti. Secondo, Dio gestisce gli affari
dell'uomo. Questo non significa che noi non siamo liberi di agire, ma che Dio
agisce attraverso noi e nelle nostre scelte. Questo ci dà la fiducia di
vivere, perché in ultima analisi nessuno pub sfidare Dio impunemente. Dio è
ancora sul trono. Terzo, il male alla fine sarà
sconfitto. Anche se a volte i nemici di Dio possono avere la meglio in alcuni
eventi storici, il capitolo conclusivo non è ancora stato scritto. Quando lo
sarà, apparirà che Dio ne esce vittorioso, assieme a quelli che hanno scelto
di vivere per lui. Infine, il Messia
di Dio, Gesù, fa parte essenziale del
suo piano per il mondo: Daniele ebbe un presentimento di questo
mistero di redenzione.
[tratto da : "Guida allo studio
della Bibbia" a cura di Walter A. Elwell - Ed. Elle Di Ci - 1997] |