Parrocchia
di S. Ambrogio in Mignanego (GE) |
Introduzione
alla Bibbia / 21 |
i libri della Bibbia : lettere di S. Paolo / 3 |
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1 Timoteo Autore: Paolo Data: c. 63
d.C. Contenuto Dopo la sua prima scarcerazione a Roma
nel 62, Paolo passò circa due anni viaggiando (secondo alcuni antichi
documenti fino in Spagna), predicando il vangelo e visitando chiese già
esistenti. Fu poi nuovamente arrestato nel 64 d.C. Tra i due periodi di
detenzione Paolo scrisse tre lettere (1 e 2 Timoteo e Tito), chiamate «
lettere pastorali », ai suoi collaboratori a Efeso e nell'isola di Creta.
Sembra che Timoteo fosse il capo della chiesa di Efeso; Tito invece sembra
che fosse una specie di ambasciatore con l'incarico di nominare gli anziani e
dirigere l'andamento di varie chiese. La prima lettera a Timoteo è
sostanzialmente pratica e tratta argomenti relativi alla vita cristiana.
Tuttavia contiene anche qualche importante spunto dottrinale. Cominciavano a
serpeggiare false dottrine; alcuni individui cercavano di costituirsi piccoli
imperi indipendenti dalla Chiesa istituzionale. Spunti
teologici In una telegrafica sintesi della
missione di Gesù, Paolo definisce alcuni punti essenziali della fede (3,16).
La fede cristiana è un profondo mistero; Dio solo sa tutto ciò che c'è da
sapere. A noi basta aver fiducia in Dio, senza preoccuparsi di cose che sono
al di là della nostra portata. L'incarnazione e la risurrezione di Cristo
sono il nocciolo di ciò che crediamo. Il Verbo sarebbe potuto restare per
sempre assieme al Padre in tutta la sua gloria eterna, ma per noi ciò sarebbe
stata una perdita eterna. Invece, grazie all'amore che ci porta, egli si è
mostrato disposto a lasciare temporaneamente la sua posizione per portarci la
salvezza. Il breve riassunto dottrinale di Paolo termina mettendo in evidenza
l'ascensione di Cristo e la predicazione del vangelo nel mondo. Paolo inoltre ribadisce alcuni temi
teologici, quali la preghiera, la risurrezione, la natura di Dio e i benefici
della morte di Cristo. Le esortazioni pratiche di questa
lettera si riferiscono a due aspetti: la vita pubblica della Chiesa e la vita
privata. Quanto riguarda la vita pubblica della Chiesa dovrebbe essere
studiato attentamente da chiunque aspira a coprire un ruolo di guida nella
Chiesa. Paolo elenca i requisiti di coloro che aspirano a servire come
vescovi (anziani) e come diaconi. Tra i due ruoli ci sono alcune differenze,
ma sostanzialmente si richiede che il candidato sia totalmente impegnato con
la sua vita e con il cuore. C'è anche un incaricato preposto all'assistenza
delle vedove, una categoria di persone sorprendentemente vasta
nell'antichità. L'esigenza di una gerarchia nella Chiesa è imposta dal fatto
che noi tutti abbiamo bisogno di ordine e di regolarità. Come una famiglia o
un'impresa non possono funzionare bene senza capi e regole di comportamento,
così la Chiesa deve avere i suoi funzionari, guidati dallo Spirito e
responsabili davanti a Dio e al popolo. Le esortazioni pratiche sulla vita
cristiana riguardano i rapporti umani e il comportamento privato, e
interessano tutti: genitori, figli, marito, moglie e servi. Particolare
enfasi è data al corretto esercizio della libertà: evidentemente c'era
qualcuno che voleva gestire la vita degli altri, ma Paolo
non lo consente. Ognuno di noi ha il diritto di decidere cosa mangiare e cosa
bere, se deve sposarsi e come gestire i suoi affari (4,1-10). I nostri
bisogni fondamentali non devono essere disprezzati, perché è così che Dio ci
ha fatti. D'altra parte non dobbiamo lasciarci dominare da essi rischiando di
diventare golosi, ubriaconi e adulteri. Ogni cosa deve stare al suo posto
sotto la guida dello Spirito e in un atteggiamento di umiltà.
2 Timoteo Autore: Paolo Data: c. 64-66
d.C. Contenuto La seconda lettera a Timoteo è forse l'ultima
scritta da Paolo. Era stato nuovamente arrestato e si trovava in prigione
(4,6), ben sapendo che la sua fine era prossima. È una lettera piena di
coraggio e di forza, chiaro indice della personalità di Paolo, o meglio della
persona che con l'aiuto di Dio noi tutti possiamo diventare se confidiamo in
lui. La lettera contiene sostanzialmente quattro esortazioni dirette a
Timoteo dall'ormai vecchio Paolo. Spunti
teologici Nella prima esortazione Paolo ricorda
a Timoteo la sua santa eredità. Timoteo non ha che da seguire il magnifico
esempio dato da sua nonna e da sua madre. È fondamentale l'influenza
esercitata su ciascuno di noi dalla famiglia e dai genitori. Se i genitori e
gli altri familiari conducono una vita santa, i più giovani ne assorbono lo spirito
e diventano come loro. Quando i giovani diventano a loro volta genitori,
dovranno presentare lo stesso modello di modo che i loro figli possano
anch'essi vivere secondo la legge del Signore. È interessante il fatto che
Paolo accenni solo alle due donne; forse perché il padre non era cristiano o
perché era morto. In ogni caso, con la grazia di Dio un solo genitore può
supplire all'assenza dell'altro, se necessario. Paolo quindi prosegue esortando
Timoteo a ravvivare i doni dello Spirito. Noi tutti abbiamo ricevuto da Dio
certe capacità, che però devono essere usate se non vogliamo che inaridiscano
e muoiano come un muscolo atrofizzato. Se invece esercitiamo i nostri doni,
questi crescono e si rafforzano. Nel caso di Timoteo ciò comprende la difesa
della fede dall'errore. La seconda esortazione è in sostanza
un comando di essere forte nella grazia di Dio. Paolo fa uso di una stupenda
serie di metafore per descrivere la vita cristiana. IL cristiano è come un
soldato che ha il dovere di eseguire gli ordini del suo comandante. Nessun
soldato penserebbe ad andarsene per i fatti suoi nel bel mezzo di una
battaglia, così come un fedele cristiano non lascia il suo posto mentre è
impegnato nella lotta contro il male. IL cristiano poi è come un atleta che
si prepara per una corsa, corre veloce e sta alle regole del gioco. Anche
noi, come cristiani, dobbiamo ricordarci che la disciplina e l'onestà sono
ingredienti essenziali per il successo. Infine, il cristiano è come un
contadino che spezza le dure zolle di terra per ricavarne buoni frutti. La
vita del contadino non è mai comoda, ma il premio che ne ricava compensa la
fatica. Così è pure per il cristiano, che dopo aver posto mano all'aratro non
si volge indietro. In tutte queste metafore abbiamo davanti a noi l'esempio
di Gesù Cristo. La terza esortazione rivolta a Timoteo
è di vigilare sul gregge e difenderlo dagli attacchi del mondo. Dio ha
radunato nella sua Chiesa ogni genere di persone, e di tutte è necessario
aver cura. Per quanto riguarda noi stessi, dobbiamo fuggire le passioni,
vivere con cuore puro ed evitare le controversie. IL servo di Dio non deve
essere litigioso né bigotto. Se qualcuno è così, è segno evidente che Dio non
abita in lui. Per quanto riguarda il mondo, il servo di Dio deve conoscere i
suoi mali e guardarsi bene dall'esserne partecipe. Nel mondo c'è ingordigia,
arroganza, odio, indecenza. Questi peccati devono essere esclusi dalla vita
della Chiesa e dei cristiani. IL tragico è che a volte questi stessi vizi si
trovano anche tra i credenti. Quando ciò accade, i colpevoli devono essere
ripresi, amorevolmente ma fermamente. La quarta esortazione è di predicare
la parola ed essere di esempio alla comunità. Dobbiamo in ogni momento essere
pronti a fare tutto ciò che viene richiesto dalla volontà di Dio. A
conclusione di questa parte Paolo usa la frase diventata giustamente famosa:
"Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho
conservato la fede» (4,7). Timoteo tenga sempre presente che non è il solo:
altri l'hanno preceduto e hanno dato l'esempio.
Tito Autore: Paolo Data: c. 6466
d.C. Contenuto Tra due diversi periodi di detenzione
all'inizio degli anni 60, Paolo viaggiò nell'area del Mediterraneo. Almeno
una volta visitò l'importante isola di Creta, rimanendo sconcertato dalla
situazione che vi trovò: la chiesa era debole, disorganizzata, corrotta e
sotto l'influenza del mondo circostante. Dopo la sua partenza, Paolo volle
mantenere i contatti con Creta, dove aveva lasciato Tito a capo della chiesa.
La lettera è breve, personale e densa di consigli pratici. Spunti
teologici Uno dei problemi principali della
chiesa di Creta riguardava la gerarchia. Senza un'adeguata organizzazione non
poteva funzionare. Quindi Tito doveva spiegare alla comunità come scegliere
gli anziani (i responsabili) e quali erano le loro funzioni. Ma non solo gli
anziani dovevano essere istruiti: tutti quelli che avevano una qualche
influenza sulla vita della chiesa avevano bisogno di correzione, dagli adulti
ai giovani. Essere cristiani vuol dire che Cristo ha cambiato la nostra vita.
E questo cambiamento deve rispecchiarsi nelle nostre azioni e negli
atteggiamenti. Paolo prosegue la sua esortazione
facendo notare che il cristiano deve essere un buon cittadino. Non dobbiamo
piegarci ai governanti malvagi, ma dobbiamo essere disposti a osservare le
leggi dello Stato in cui ci troviamo. Comportarsi diversamente significa
screditare il Vangelo. Paolo conclude con una serie di
esortazioni di carattere etico in vista del ritorno di Cristo. Egli è venuto
una volta a portare la salvezza al mondo; verrà di nuovo a benedire il suo
popolo e a giudicare il mondo. In attesa di questo evento, dobbiamo essere «
un popolo puro e «zelante nelle buone opere (2,11-14). Siamo stati salvati
dalla misericordia dì Dio, non in base alle nostre opere ma perché potessimo
compiere opere buone. La sequenza è importante: non conduciamo una vita
cristiana per essere salvati ma, una volta salvati, possiamo vivere una vita gradita
a Dio.
Ebrei Autore:
anonimo; forse Apollo o Barnaba Data: tra il 60
e il 70 d.C. Contenuto L'avvenimento più importante che
riguarda la Chiesa primitiva nella seconda metà del 1 ° secolo è la
distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. Era stata predetta da Gesù, e quando si
verificò segnò la fine della dipendenza del cristianesimo dal giudaismo e
dall'ordine antico. Questo non significa che i cristiani non riconoscessero
la loro eredità giudaica; mantennero le Scritture dell'Antico Testamento,
modellarono le pratiche di culto sulla sinagoga, continuarono ad adorare il
Dio d'Israele, considerarono se stessi l'adempimento delle profezie,
riconobbero Gesù come il Messia promesso e si definirono gli eredi della «
nuova alleanza promessa a Israele. Nonostante tutto ciò si rendevano conto
che l'antico ordine era superato, che era giunta la fine di un'era. Potevano
sperimentare la potenza della nuova era nella salvezza offerta da Cristo. Si
rendevano inoltre conto che la distinzione tra razze e popoli non era più
valida: tutti erano liberi di venire a Cristo alla stessa maniera: con la
fede in Gesù, il Figlio di Dio. Per alcuni cristiani di estrazione
ebraica questo costituiva un problema. Erano attaccati al loro giudaismo più del
necessario ed erano tentati di ritornare al vecchio ordine abbandonando la
fede in Cristo appena scoperta. Volevano che le cose rimanessero com'erano
sempre state, come se ciò fosse possibile. La città di Gerusalemme era
scomparsa, il tempio distrutto, il sacerdozio disperso. La nazione era a
brandelli. L'autore della lettera agli Ebrei cercava di far notare che era
impossibile tornare indietro. Dobbiamo invece andare avanti nel nuovo piano
di Dio perché la nostra meta è nel futuro, non nel passato già morto. L'autore della lettera è incerto. È
stato fatto il nome di diverse persone, tra cui Paolo, Apollo e Barnaba. Dopo
avere studiato la questione, il padre della Chiesa Origene concluse che solo
Dio sa chi sia l'autore della lettera agli Ebrei. In fondo la cosa non è
importante. Chiunque l'abbia scritta, l'autore conosceva molto bene la
situazione e trattava un argomento importante. Spunti
teologici La lettera tratta diversi temi
teologici di particolare rilievo. Primo, viene dato risalto alla
superiorità di Cristo. Ai credenti Ebrei che sono esitanti nella loro fede in
Cristo l'autore fa notare che non c'è nessun altro a cui rivolgersi. Dove si
può trovare qualcuno di meglio di Gesù, che è l'immagine visibile di Dio,
superiore a Mosè, ad Aronne, agli angeli, a qualsiasi cosa? Gesù il Messia è
tutto ciò di cui hanno bisogno. Secondo, l'autore sottolinea il
carattere sorpassato dell'antica alleanza, sostituita da una nuova alleanza.
L'antica è stata abolita e la nuova è già operante: perché si dovrebbe far
ritorno a un patto che Dio ha abolito? Ora la gente può venire a Cristo da
qualsiasi luogo, senza passare da Gerusalemme, se non come intesa nel senso
figurato di Gerusalemme celeste. Terzo, l'autore parla dell'attuale
sacerdozio glorioso di Gesù contrapponendolo all'antico sacerdozio di
Gerusalemme. Gesù sacerdote è ora assiso in eterno alla destra del Padre a
perorare la nostra causa. Egli sa cosa significhi essere uomo, perciò la sua
perorazione è fatta con cognizione di causa. Noi possiamo presentarci
coraggiosamente al trono di grazia, sicuri di trovarvi aiuto in qualsiasi
momento di bisogno. Quarto, la lettera dà risalto alla
necessità della perseveranza. È facile arrendersi e smarrirsi nel deserto
come fecero gli antichi padri. Ciò non deve più verificarsi, e non si
verificherà se il credente non si scoraggia. Quinto, l'autore esalta le glorie
della fede e coloro che l'hanno esercitata. IL capitolo 11 è una meravigliosa
esaltazione di coloro che hanno perseverato, fortificati dalla loro fede nel
Dio vivente. Infine, i cc. 12 e 13 contengono
istruzioni pratiche per la vita cristiana. L'insieme della lettera è una difesa
approfondita della fede cristiana contro i suoi denigratori e contro coloro
che vorrebbero cercare la salvezza altrove.
[tratto da : "Guida allo studio
della Bibbia" a cura di Walter A. Elwell - Ed. Elle Di Ci - 1997] |