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il CREDO / 3 |
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La
creazione La creazione viene
confessata nella Fede Nel
Simbolo, la creazione non ci viene presentata in termini di spiegazione
dell'enigma del mondo ma come oggetto di fede. San Tommaso sostiene che
soltanto la fede, e non la ragione, ci assicura che il mondo non è esistito
da sempre. Confessare
la creazione 'nella fede' non significa aver trovato la soluzione di un
problema razionale. Significa assumere un atteggiamento molto pratico e
fondamentale. Significa accettare di ricevere se stessi e ogni altra cosa da
un Altro: il «padre onnipotente». Questo non ci è connaturale. Naturale è
l'affermazione di noi stessi, il fare quel che vogliamo, ossia voler essere
noi gli autori del nostro bene, e dunque semplicemente del bene (e del male). Sarebbe
meno esigente (ma anche, come vedremo, meno meraviglioso) considerare
semplicemente la creazione in termini di 'fabbricazione del mondo',
concependo Dio, alla maniera di Voltaire, come «il grande architetto
dell'universo». Ben diversa è la prospettiva in cui ci viene indicata la
creazione nel libro della Genesi. Creare è cosa diversa dal fabbricare.
Quando si afferma che creare è «fare dal nulla», il nulla non è ovviamente
qualcosa, come le pietre con cui mi fabbrico la casa. La fede nella creazione
rinvia a un'origine assoluta, che non si può mettere mai sulla linea di ciò
che da essa procede, come fosse soltanto il primo anello di una catena. Essa
resta sempre ciò che permette a tutto il resto di esistere, e di conseguenza
non la si può mai identificare con esso. Appunto in questo senso la creazione
non va situata soltanto all'inizio del mondo, ma è una creazione continua. La
fede nella creazione consiste nel porre ogni cosa in relazione con ciò che
essa non è, ossia con quell'Altro che le dà l'essere: il Padre onnipotente,
dal quale procede «ogni dono perfetto» (Gc 1,17) e dal quale «trae nome ogni
paternità in cielo e sulla terra» (Ef 3,15). Confessare il Dio
creatore significa quindi accettare la legge che proibisce, in qualsiasi
maniera, di volersi appropriare di tale origine, di voler uccidere il Padre,
come si dice oggi, per mettersi al suo posto. Nei racconti di creazione del
libro della Genesi (poiché la creazione non ci viene proposta come una
dottrina filosofica ma come una storia raccontata) vediamo che all'uomo
vengono posti dei limiti; e tra questi il più manifesto (ma non l'unico) è
quello indicato dall'albero piantato in mezzo al giardino: ricorda all'uomo
di non essere come Dio, autore del bene e del male, ossia di ciò che fa
vivere e fa morire. La fede nella creazione
significa il riconoscimento di questi limiti, che stabiliscono che non siamo
Dio. Solo riconoscendo per ciò che è «il Padre onnipotente, creatore del
cielo e della terra», noi cominciamo a essere veramente ciò che siamo, ciò
che ci è dato di essere. Credere in Dio creatore significa
lasciarsi stabilire in una storia di libertà Nel
libro della Genesi, la creazione ci viene proposta in due racconti, di
origini e date diverse, e raccordati più o meno artificialmente. 1 due
racconti, tuttavia, centrano entrambi la creazione sull'uomo. Nel
primo vediamo tutte le creature ordinate al bene dell'uomo, al suo servizio.
Anche gli astri del cielo sono creati per permettergli di regolare il
cammino del tempo; non solo separano il giorno dalla notte, ma servono da
punto di riferimento per «le feste, i giorni e gli anni» (Gn 1,4). L'uomo vi
appare come l'obiettivo ultimo dell'atto creatore, colui che fin dall'inizio
Dio intendeva creare «a sua immagine e somiglianza», per entrare in rapporto
in lui. Nel
secondo racconto, al cui centro domina il dramma della disobbedienza come
tentativo vano di ignorare i propri limiti, l'uomo non viene tuttavia
condannato alla fatalità (come ha lasciato intendere, talvolta, una
comprensione errata del peccato originale); viene anzi rimesso al suo posto,
se così si può dire, richiamato alla consapevolezza della propria finitudine,
perché si metta ormai a costruire la propria vita nella verità, assumendo la
propria condizione morale fatta di lavoro, di sofferenza e di quanto comporta
di conturbante e di avventuroso, con una differenza sessuale apertamente
riconosciuta. La
creazione è il dono dell'essere fatto agli uomini e alle cose, perché siano
realmente se stessi con i propri limiti: quei limiti che permettono loro di
distinguersi a vicenda, e di distinguersi anzitutto dal loro Creatore. Ed è
anche l'instaurazione di una storia che, lungi dall'essere compiuta in
partenza, è storia della libertà. All'origine
del mondo si profila già l'intera drammaticità di questa storia, che
culminerà nella lotta di Cristo contro il peccato e nella sua 'agonia', e che
sfocerà nella 'nuova creazione' il giorno di Pasqua. Credere in Dio creatore
comporta una modalità specifica di rapporto con gli uomini e con tutte le
creature La
fede nella creazione porta a far posto all'altro come tale: all'Altro per
antonomasia, colui con il quale è impossibile e rigorosamente proibito
identificarsi, il Padre; ma anche all'altro uomo, lasciando, a imitazione di
Dio, che egli sia se stesso ed entrando con lui in una autentica relazione
d'amore; infine, a tutte le altre creature, rispettandole, ammirandole,
valorizzandole, lodandole... per quello che sono, prima di noi e con noi, o
anche per ciò che diventano per mezzo nostro: ma sempre accogliendole come
dono del Dio creatore, che dà loro di essere ciò che sono. La
fede nella creazione si nutre di contemplazione. Viene celebrata nella
preghiera, nella lode, nel rendimento di grazie. Ma pure si verifica nei
rapporti quotidiani che abbiamo con gli altri uomini e con le cose. |