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il PADRE NOSTRO / 4

 

SIA FATTA LA TUA VOLONTA COME IN CIELO COSÌ IN TERRA

 

Nel « Padre nostro » lo sguardo è sempre fisso a Dio. È già una regola di preghiera questa, perché una stortura della nostra preghiera è spesso la tendenza opposta: lo sguardo sempre fisso su di noi.

Questa invocazione del « Padre nostro » rappresen­ta da sola un intero programma di vita, perfetto e completo in estensione e in profondità.

 

I

 

Cominciamo dal capire bene le parole.

È interessante questa precisazione esegetica: il te­sto greco è stato tradotto con « sia fatta la tua vo­lontà », però l'originale non ha il verbo fare ma il ver­bo divenire.

La preghiera chiede che la volontà di Dio « avven­ga», « divenga », « vada avanti », proprio come si chie­deva per il Regno, quasi che la volontà di Dio sia un avvenimento che va avanti indipendentemente da noi, ma a cui noi (come per il Regno) siamo invitati a con­tribuire con la nostra debole collaborazione.

Le parole sono facili a comprendere, ma è la pro­fondità di esse che occorre considerare bene.

Gesù dunque ci fa chiedere due cose:

1) desiderare di dare la nostra adesione alla vo­lontà di Dio;

2) desiderare una adesione perfetta (« così in terra come in cielo »).

 

II

 

Perché Gesù ci fa chiedere questo?

Perché fare la volontà di Dio non è semplice, so­vente è l'opposto della nostra volontà; siamo più por­tati alla nostra volontà che alla sua; inoltre, aderire ad essa in modo perfetto è quasi impossibile alla debolez­za dell'uomo senza l'aiuto di Dio.

C'è tutta una scala di generosità nell'accettazione della volontà di Dio che rispecchia esattamente la no­stra apertura a lui.

n C'è l'accettazione risentita: quando si dice sì a Dio con malanimo. È un rigetto allora, non un'accet­tazione, perché è un'accett'azione obbligata. Spesso, davanti a una morte che stronca un affetto profondo, l'uomo reagisce così. È questa, almeno, la prima rea­zione istintiva, forse irresponsabile.

n C'è l'accettazione rassegnata: ma non completa. È spesso la nostra debolezza che ci condiziona negli avvenimenti dolorosi che ci colpiscono.

n C'è l'accettazione vera: risponde già a un grado elevato di amore a Dio. Può essere unita al buio più fitto come fu per Gesù l'accettazione del Getsemani. Può essere un passo eroico per l'uomo, ed egli non può mai compierlo senza l'aiuto di Dio.

n Poi c'è l'abbandono pieno nelle mani di Dio. È un passo che va più avanti. È amore e fede. È fede e speranza. E' l'atto con cui l'uomo lascia mettere in di­scussione tutte le sue vedute per abbracciare nella fede i piani di Dio.

n Infine c'è la collaborazione attiva alla volontà di Dio: quando l'uomo scende ai fatti concreti, fa il pas­saggio dagli atteggiamenti interiori alle decisioni re­sponsabili e piene per assecondare con tutte le forze la volontà di Dio.

Ora tutto questo cammino nell'adesione piena alla volontà di Dio non è facile per l'uomo. Gesù ne è tan­to conscio che mette questo problema dell'uomo al centro della preghiera al Padre, anzi, lo mette al cen­tro di tutto il suo insegnamento.

L'adesione alla volontà del Padre incontra tutta la spiritualità di Cristo:

«Mio cibo è fare la volontà del Padre mio » (Gv 4,34).

«Non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato » (Gv 5,30). «Padre, non la mia, ma la tua volontà sia fatta » (Mi 26,39).

E Paolo commenta: « Cristo non cercò se stesso » (Rm 15,3).

Non solo, ma l'adesione alla volontà del Padre in­centra tutto l'insegnamento di Cristo sull'adesione a lui:

« Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel Re­gno, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli » (Mi 7,21).

« Chi fa la volontà del Padre mio, quello è mia ma­dre, mio fratello, mia sorella » (Mi 12,50).

E alla donna che grida: « Beata chi ti fu madre » ri­sponde: « No, beati quelli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica » (Le 11,28)).

E ammoniva: « Perché mi chiamate Signore, Si­gnore! e non fate quello che vi comando? » (Le 4,46). Per questo Paolo scriveva ai primi cristiani: « State bene attenti a come vi comportate, non da stupidi, ma da saggi... cercate di capire la volontà di Dio » (Ef 5,15.17).

 

III

 

Ma non basta aderire alla volontà di Dio. Gesù va oltre, ci chiede di fare la volontà di Dio in modo per­fetto: « Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra », cioè in modo divino. In sostanza come l'ha fat­ta lui.

Questa profondità dà le vertigini. Apre due pro­blemi.

 

1. Come determinare la volontà di Dio?

Non sempre è facile all'uomo. Ci sono tre vie, una chiarissima, le altre due più nebulose e difficili.

La prima via è la « Parola di Dio ».

È una strada chiara, sempre a portata dell'uomo. Gesù ha ancora semplificato questa via, appianandola di più, cioè rendendola più precisa. Infatti ha unifica­to tutto ciò che attende da noi, tutto quello che ci co­manda in un solo punto: la carità.

« Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati» (Gv 15,12).

« Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri » (Gv 15,17).

« Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni verso gli altri» (Gv 13,35). La seconda via per discernere la volontà di Dio è segnata dagli avvenimenti.

Soprattutto quegli avvenimenti che sono ai di là delle nostre possibilità di controllo.

Sono tanti! La vita, la morte, spesso la salute, l'in­telligenza, le doti e le deficienze, il successo e l'insuccesso, le amicizie e le inimicizie. Poi quegli avvenimen­ti a largo raggio da cui siamo condizionati, anche se non lo vogliamo: i contesti sociali, culturali, politici, la pace, la guerra, il clima, i cataclismi. Tutti avveni­menti che spesso l'uomo non può determinare: deve solo viverli e subirli.

Sono tunnel in cui l'uomo deve passare con molto coraggio e molta fede, accettando quello che la sua co­scienza gli dice di accettare come voluto da Dio.

« Cammina alla mia presenza e sii perfetto », ha detto Dio al primo eletto, Abramo.

« Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli », ha insegnato Gesù.

Sovente l'unica forza nel buio degli avvenimenti è il pensiero di piacere a Dio in tutto, di mai staccarci dalla luce della sua volontà.

La terza via per discernere la volontà di Dio è più difficile: è l'adempimento dei propri doveri.

Mille dubbi, mille interferenze, mille debolezze no­stre o degli altri possono intralciare il cammino e la­sciarci dubbiosi.

Qualche volta il dovere è semplice e chiaro, anche se non è mai semplice eseguirlo a perfezione. Qualche volta ci lascia perplessi:

- È mio dovere parlare? è mio dovere tacere?

- È mio dovere intervenire? fin dove? in che pun­to?

- È mio dovere impedire? è mio dovere favorire? fin dove?

- È mio dovere rimproverare? è mio dovere non farlo?

Le difficoltà sovente infittiscono e lasciano per­plessi, ma Dio non può essere lontano dall'uomo di buona volontà.

 

2. C'è qualche mezzo semplice per orientarci nella fe­deltà alla volontà di Dio?

Sì, c'è una tattica semplice a portata di tutte le per­sone di buona volontà: è quella che alcuni autori chia­mano l'ascetica del momento presente.

L'unico attimo che possediamo è l'attimo presen­te. Il minuto che è passato non è più mio, il minuto che verrà non è ancora mio.

Io sono terribilmente, ma felicemente ancorato al­la situazione del momento presente.

Posso vivere questa situazione in totale presenza oppure posso scavalcarla, proiettandomi nel passato o nel futuro, togliendo cioè all'attimo presente quella dedizione con cui invece dovrei viverlo.

L'ascetica del momento presente si può dire che ri­monta a Gesù quando insegnò: « Non affannatevi, cercate prima il Regno di Dio. Non angustiatevi per il domani, a ciascun giorno basta il suo affanno » (Mt 6,34).

Si potrebbe dire che vivere bene il momento pre­sente è la grande autostrada della santità per chi è de­bole e povero, per chi diffida delle sue forze.

Per fare cose straordinarie occorre essere sovente gente straordinaria, ma per fare bene il proprio dovere momento per momento non occorrono molte cose. Bastano un po' di volontà e un po' di amore.

Le difficoltà spesso sono aggravate dalla nostra immaginazione che accumula i problemi aggiungendo a quelli presenti uno che non c'è ancora, o uno che è già passato, e su cui la nostra volontà non ha più pote­ri di sorta.

Ma una difficoltà affrontata momento per mo­mento è come la scalata di una parete di sesto grado. A forza di piccoli sforzi si è riusciti a scalare anche l'Everest, che sembrava invincibile.

È la via dell'eroismo per chi non si sente eroe. È la via della pace per chi ha sempre affanni e ri­piegamenti.

È la via della fede.

«Il Padre vostro sa quello di cui avete bisogno pri­ma ancora che glielo chiediate» (Mt 6,8).

 

 

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