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il PADRE NOSTRO / 5

 

DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO

 

Cerchiamo anzitutto di capire il significato esatto della frase, poi ci fermeremo su tre parole che merita­no un esame più approfondito.

Le tre parole sono: «dacci»: studieremo il proble­ma della preghiera di domanda. Poi la parola «oggi»: studieremo il bisogno di semplificare i nostri problemi il più possibile. Infine la parola «nostro»: studieremo le nostre responsabilità riguardo ai problemi degli al­tri.

Intanto osserviamo che le prime tre frasi del « Pa­dre nostro » riguardavano gli interessi di Dio, le altre tre riguardano gli interessi dell'uomo: il sostentamen­to, la liberazione dai peccati, la liberazione dal male.

 

I

 

Esegesi del testo

Sembrerebbe una frase tanto semplice e a prima vista molto chiara, eppure ha fatto sudare gli esegeti. La difficoltà è legata alla parola greca epiúsion che oggi traduciamo con l'aggettivo « quotidiano ».

Questa parola greca non si trova in nessun altro te­sto del Nuovo Testamento e nemmeno nell'intera Bib­bia greca (la così detta traduzione dei Settanta). Non solo, ma non è mai usata in tutta la letteratura greca profana.

Si tratta quindi di una parola coniata apposita­mente, perciò è di difficile interpretazione.

In un testo greco (greco koiné, popolare) di 500 an­ni posteriore al Nuovo Testamento è stata trovata fi­nalmente questa parola, ma è al plurale ed ha il signi­ficato di « rifornimenti per il giorno »; segue infatti una lista di acquisti da fare.

La nostra traduzione «dacci oggi il nostro pane quotidiano » è quindi una interpretazione del vocabo­lo greco usato dal testo, una interpretazione abbastan­za fedele, che forse andrebbe completata così: « dacci oggi il pane necessario per oggi ».

La traduzione attuale di « pane quotidiano » ri­monta all'Itala Antica: la più antica traduzione latina della Bibbia.

Ma nel secolo V san Gerolamo, preparando il te­sto della Volgata Latina, non tradusse più «panem quotidianum » ma «panem supersubstantialem », dan­do quindi all'aggettivo greco usato nel testo un'altra interpretazione.

Secondo questo grande esperto (il primo grande esperto di S. Scrittura nella storia della Chiesa) la fra­se andrebbe interpretata così: « dacci oggi il sostegno della tua grazia ».

Altri esperti traducono la parola « quotidiano » con la frase « fino a domani », dando cioè questo signi­ficato: « dacci oggi il sostegno per stare in piedi fino a domani ».

Questa traduzione è anche ispirata al richiamo bi­blico della frase. Come infatti la manna durava un giorno solo e non si doveva far provviste per più gior­ni perché non si conservava, così forse il testo greco (dicono gli esperti) vuole insegnarci a non lasciarci do­minare da meschini pensieri di calcolo, ma di lasciarci guidare da pensieri generosi di fede.

Un'altra parola su cui gli esperti sono divisi è «pane».

Per noi il pane è... pane. Ma anche noi usiamo il termine in senso metaforico. Quando diciamo: «gua­dagnarsi il pane» intendiamo dire mantenersi, far fronte alla vita, alle proprie spese.

Nella Bibbia sovente si parla in senso metaforico del « pane»:

n Nel libro della Genesi è scritto: «Col sudore del tuo volto mangerai il pane » (3,19). Qui evidentemente si parla di sostentamento generale dell'uomo. Quindi non solo di pane, ma di tutto il necessario alla vita: la casa, il cibo, il vestito.

n Nel libro dei Proverbi la Sapienza parla così: « Venite, mangiate il mio pane » (9,1). La parola pane allude qui alla saggezza, alla prudenza, al timor di Dio.

n Gesù stesso nel Nuovo Testamento usa il termi­ne pane in senso metaforico: « Non Mosè vi ha dato il pane dal cielo (qui intende la manna), ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è Co­lui che discende dal cielo e dà la vita al mondo » (Gv 6,32).

Per Gesù quindi, in questo passo, la parola pane ha un senso ben ampio, significa la sua persona stessa e la salvezza che viene da lui.

n Quando Gesù, rispondendo alla donna Cana­nea pagana che chiede la guarigione di sua figlia, dice: «Non è bene prendere il pane dei figli e darlo ai ca­gnolini » (Mt 15,26), usala parola pane per significare il miracolo della guarigione.

n Gesù in modo ancora più vivo si esprime così nello stesso cap. 6 di Giovanni: « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno, e il pane che io darò è la mia carne per la vi­ta del mondo » (6,51). Qui il pane è l'Eucaristia.

Non fa quindi meraviglia che siano sorte discus­sioni tra gli esperti per interpretare la frase di Gesù: « dacci oggi il nostro pane quotidiano ».

Tra i Padri, fin dall'antichità, ci fu discordanza di interpretazioni. Sono schierati per il senso spirituale: Origene, san Cirillo di Gerusalemme, sant'Ambrogio, san Pietro Crisologo. Invece san Giovanni Crisosto­mo sostenne l'interpretazione di pane fisico, materia­le.

Stanno per le due interpretazioni insieme, di pane materiale e di pane spirituale: Tertulliano, sant'Ago­stino, san Cipriano.

Comunque si voglia intendere la parola pane, una cosa è certa: se è presa in senso fisico, materiale, si de­ve intendere nel significato ampio di nutrimento, di sostentamento. Infatti con lo stesso vocabolo, nel mondo palestinese si intendeva il pane di farina e nel mondo arabo si intendeva la carne, cibo principale dei nomadi.

 

II

 

Da questa frase del «Padre nostro » vengono alcu­ni insegnamenti di grande rilievo per la nostra vita.

 

1. Dobbiamo dare importanza alla preghiera di do­manda.

Dio è Padre, a un padre interessa tutto ciò che è in­teresse dei figli, quindi anche le cose materiali. Gesù fa solo una precisazione: gli interessi mate­riali non devono prevalere sugli interessi dello spirito: « Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose (il cibo, il vestito) vi saranno date in ag­giunta. Non affannatevi... » (Mi 6,23).

Perché Gesù lo precisa? Per un motivo semplicissi­mo: noi siamo portati a fare dei problemi materiali i problemi massimi e dei problemi spirituali i problemi minimi. Anche Gesù ha dovuto risolvere problemi materiali (per trent'anni ha fatto l'operaio, ha sudato e lavorato), ma ci insegna a non perdere la pace per questi, a non sacrificare ai beni materiali i beni supre­mi.

A Gesù interessa ogni problema umano. Si è chi­nato su ogni malattia dell'uomo, morale e fisica, ha sempre risposto all'implorazione dei malati con la guarigione, chiedendo solo la fede.

Gesù ha insistito molto sulla preghiera di doman­da: « Chiedete e vi sarà dato... bussate e vi sarà aper­to... Quale padre tra voi se il figlio gli chiede un pane gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? » (Lc 11,9-12).

Bisogna chiedere a Dio quello che ci è necessario: pane, pesce, uovo, lavoro, salute, successo giusto, pa­ce, tranquillità, un futuro sereno, un buon matrimo­nio, dei figli sani e buoni.

È normale che un giovane chieda a Dio una brava ragazza, giudiziosa e bella. È normale che si chieda che un esame vada bene.

Gesù ci insegna a farlo con la semplicità del bam­bino.

 

* * *

 

Ma qualcuno si chiede: è giusto mettere nelle mani di Dio problemi che gravano completamente sulla no­stra responsabilità?

Gesù evidentemente non insegna a incrociare le braccia.

Pagine intere di Vangelo indicano qual è l'idea di Cristo al riguardo dell'uomo: la parabola dei talenti dice chiaro che l'uomo deve darsi da fare e sfruttare tutti i doni di Dio. Guai a lui se ne sotterra uno solo. La parabola delle ragazze stolte che non prevedono che l'olio mancherà alla lampada e non si danno da fare per procurarlo sono chiaramente condannate da Cristo.

No, Cristo non è mai dalla parte dei poltroni, degli sfruttatori, dei parassiti.

Ma ognuno sa che vi sono immensi problemi in cui noi non possiamo nulla. Sovente tra questi problemi ci sono cose che scottano, come la salute, il lavoro, un buon matrimonio, la pace.

Cristo ci dice: hai un problema che ti supera? Fa' la tua parte, poi presentalo a Dio con fede e Dio ri­sponderà: « Chiedete e vi sarà dato! » (Mt 7,7).

Quando in un problema abbiamo fatto tutto il possibile senza riuscire a risolverlo, Cristo ci dice: «Presentalo a Dio, ma con fede ».

In un punto del Vangelo è spiegato come deve es­sere il tono della nostra fede. Cristo dice: « Tutto quel­lo che domandate nella preghiera abbiate fede di aver­lo (già) ottenuto e vi sarà accordato » (Mc 11,24).

Gesù dice «tutto». Non limita la preghiera alle co­se spirituali, dice «tutto».

Ma richiede una fede profonda in Dio. Quello che chiediamo occorre sia considerato come già ottenuto. Gesù non pretende la fede da santi o da profeti, ne chiede una briciola, «un granello di senape». Con un briciolo di fede grande come un granello di senape av­vengono i miracoli, spiega Gesù: « In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: levati, e gettati in mare, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato » (Mc 11,23).

Quali sono le « montagne » da far spostare? Sono i problemi che ci schiacciano, che ci superano, davanti ai quali la nostra volontà cozza come contro una roccia. Bene, dice Cristo, davanti a questi problemi basta una cosa: chiedere con fede, fede vera, fede autenti­ca... « e vi sarà accordato ».

Ma per tutti i problemi questo è valido? Non ci sa­ranno problemi in cui lui dirà di no?

Gesù precisa un'altra cosa: «chiedere nel suo no­me ».

Che cosa significa? Una cosa molto profonda. Si­gnifica chiedere uniti a lui, uniti alla sua persona, fa­cendo convalidare da lui ciò che chiediamo. È il « nulla-osta », è la sua firma di convalida.

Il « nulla-osta » di Cristo è molto importante, per­ché per averlo devo prima interrogarmi se ciò che chiedo è conforme alla sua volontà, se gli piace o gli dispiace.

Cristo cioè chiede un sondaggio profondo del pro­blema che ho tra le mani, un sondaggio fatto alla luce del Vangelo, col Vangelo alla mano.

Se ho un problema e mi interrogo prima così: è se­condo la mente di Cristo ciò che desidero? Cristo met­terà il suo « nulla osta » a ciò che chiedo? Se posso dire di sì, allora devo presentare il problema a Dio con grande coraggio e con la certezza di essere esaudito.

 

* * *

 

Ma occorre fare attenzione a un punto che è di estrema importanza: Gesù Cristo promette molto sul­l'esaudimento di una preghiera fatta con fede, ma non fa nessuna promessa riguardo al quando. Non dice in nessun punto del Vangelo che il Padre risponderà subito al problema.

È importante! Proprio perché sovente la risposta di Dio che tarda mi matura al problema, o matura il problema stesso.

Dio quasi sempre risponde oltrepassando le nostre richieste, dà di più, ma dobbiamo anche dire che qual­che volta risponde un quarto d'ora in ritardo.

Le attese di Dio sono importanti! Fanno crescere la fede, l'umiltà, la generosità. Fan tirare fuori i doni che avevamo sepolto. Ci fanno diventare ingegnosi, attivi, ci maturano.

I ritardi di Dio sono spesso importanti quanto quello che chiediamo, e spesso servono a rendere mi­gliori le nostre richieste.

Come sarebbe infantile la nostra fede se Dio fosse un distributore automatico di grazie!

 

2. «Dacci oggi il pane fino a domani».

Consideriamo un altro problema importantissimo: perché sovente non la spuntiamo coi nostri problemi? Se ho un problema spirituale forte, per es. voglio essere liberato da un vizio, e lo chiedo a Dio con fede nel nome di Cristo, perché spesso Dio non mi esaudi­sce?

Forse perché non abbiamo dato importanza a un particolare dell'insegnamento di Cristo: vogliamo ab­bracciare tutto il nostro futuro, e abbiamo dimentica­to il nostro presente.

Sovente cioè vorremmo con una preghiera liquida­re un problema difficilissimo, scavalcando ogni logica e ogni nostra responsabilità.

Gesù ci riporta alla realtà concreta dei problemi. Con questa tattica di « chiedere per il giorno » per « il problema quotidiano » ci dà una regola di vita di sa­pienza profondissima.

Egli ci insegna che i problemi più difficili della vita dell'uomo, se sono affrontati giorno per giorno, passo per passo, momento per momento, si risolvono. Se in­vece voglio risolvere tutto in un momento non combi­no nulla.

Ecco dunque la tattica che Gesù mi insegna per rendere superabili i problemi che sembrano insupera­bili.

Se ho un problema difficilissimo e lo affronto giorno per giorno mettendolo con fede nelle mani di Dio, sovente la spunto!

Avete una schiavitù da cui non riuscite a liberarvi? Siete vittime dell'alcool, della droga, del vizio impuro? Sentite vergogna? Volete proprio liberarvi?

Cristo ci insegna la strada: « chiedete al Padre con fede, ogni giorno, di spuntarla».

La spunterete! Perché il Padre vi esaudisce solo quando voi collaborate.

Se chiedete « una tantum » per liquidare il proble­ma, è quasi certo che Dio non vi esaudisce. Non può. Perché se lo chiedete «una tantum » è quasi certo che voi non avete la volontà seria di collaborare con Lui. Dio non può darvi la pappa fatta; se lo facesse sarebbe un padre scadente, perché favorirebbe la vostra iner­zia e cattiva volontà, nessun buon genitore favorisce l'inerzia e la cattiva volontà, tanto meno Dio!

Chiedete quindi con fede di essere liberati da quel male che vi opprime, chiedetelo con fede per oggi, e Dio vi libererà. Perché se lo chiedete per oggi, probabilmente collaborerete con Dio, e Dio vi darà una mano di sicuro se voi fate la vostra parte.

         Ma se vi sembra troppo una giornata di buona vo­lontà, non chiedete per un giorno, chiedete per mezza giornata, chiedete anche solo per un'ora, chiedete in­somma dopo aver saggiato la vostra forza di collabo­razione.

La Chiesa avrà presto un operaio santo. E' Mattew Talbot. Era un manovale. A 16 anni era già alcooliz­zato. A 28 disse di no all'alcool e cominciò una lotta a denti stretti contro il vizio del bere.

Portò avanti la sua battaglia giorno per giorno, pregando con fede giorno per giorno. La comunione quotidiana era la sua forza.

Tornando dal lavoro, Matteo doveva passare da­vanti all'osteria, e la tentazione era forte. Un giorno tradì la sua promessa (aveva promesso la prima volta per tre mesi, ma diceva dentro di sé: « poi tornerò a bere »), tradì ed entrò all'osteria.

Ma quel giorno aveva pregato, e Dio lo acciuffò proprio dentro l'osteria mentre stava già per tradire. Avvenne che c'erano troppi avventori e tardavano a dargli il vino. Fu la sua salvezza! Perché ebbe il tempo di riflettere, di pentirsi e di uscire in fretta.

Per quest'uomo meraviglioso la lotta durò 40 anni. Ora avremo un santo! Un santo nato da un sì quoti­diano, ottenuto dalla preghiera costante e quotidiana.

 

* * *

 

Chiedete giorno per giorno ciò che vi necessita. Abbiate un po' di modestia nelle vostre prospettive. L'Everest è stato conquistato a colpi di piccozza, pas­so per passo, in qualche punto centimetro per centi­metro.

Newman, il convertito, diceva: « Mi basta un pas­so per volta ».

San Gregorio Nisseno scrive: « Chi ti concede un giorno nuovo ti concederà anche il necessario per il giorno ».

Non chiedere cose stravaganti, ma il necessario per il giorno.

È lo stesso Padre della Chiesa che aggiunge a que­sto punto del suo commento: «Cristo dice di chiedere il pane, non leccornie, non lusso».

La forza per oggi, non quella per domani, quella è già un lusso, è già un di più di cui possiamo fare a me­no.

 

* * *

Il nostro pane quotidiano: Cristo ci vuole attenti ai problemi degli altri.

Non è cristiano chi si concentra tutto sui suoi pro­blemi. Mi devono stare a cuore i problemi degli altri, di chi mi vive vicino prima di tutto, di chi mi è affida­to, di chi ha qualche legame con me, e anche di chi mi è estraneo, ma è nella sofferenza e nella lotta.

Il cristiano che vede un problema di un fratello de­ve aprirsi al problema del fratello.

Un cristiano coi paraocchi per non vedere le neces­sità altrui non è concepibile per Cristo.

Se io penso ai problemi degli altri provvedo anche ai miei; Dio non può non dare una mano a chi ha il cuore generoso verso i fratelli.

 

 

 

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