Parrocchia di S. Ambrogio

in Mignanego (GE)

 

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strumenti di riflessione

 

 

 

Introduzione

1° Comandamento  -  2° Comandamento  -  3° Comandamento  -  4° Comandamento

5° Comandamento  -  6°-9° Comandamento/1  -  6°-9° Comandamento/2

7°-10° Comandamento  -  8° Comandamento

 

 

il 2° Comandamento

Non avrai altro Dio di fronte a me

 

Esso dice: «Non nominare il nome di Dio invano». Per comprenderlo bene bisogna conoscere la meravigliosa dottrina del "nome" nella Sa­cra Scrittura. Lì il "nome" non è qualcosa di accessorio, di sopraggiunto per ricono­scere in certo modo qualcu­no. Presso il Popolo d'Israele è lo stesso Dio, l'Altissimo che non può nominarsi, che designa di nominarsi e tal­mente si identifica col Sud nome che questo nome "amato" (Sal 5,12) "lodato" (Sal 7,18) "santificato" (Is 29,25) è come Lui stesso. Il nome di Jahvè è Dio stesso ed indica quello che Lui è e fa per noi. Perciò il tempio è il luogo dove Dio "fa dimora­re il suo nome" (Dt 12,5), quindi la Sua presenza (Es 34,24), e «invocare il nome di Jahvè » è renderGli culto, adorarlo, pregarlo. Tanto questo è vero che anche nel nome degli uomini la Bibbia vuol significare loro stessi con la loro attività, il loro de­stino, cosicché agire sul no­me di una persona è entrare nel suo essere. Quando Dio impone un nome a qualcuno, per esempio Abramo, Sara, Giacobbe, è come se voglia dichiarare una nuova perso­nalità con un nuovo destino. Così per S.Pietro da parte di Gesù.

Si capisce allora perché non si può «pronunciare inva­no il nome di Dio» (Es 20,7; Dt 5,11). Nel tempo di questo comandamento «la gente era comunemente convinta che la conoscenza del nome di una cosa» come di un uomo e di uno spirito «le avrebbe dato anche il diritto di dominarla e di farne l'uso che voleva». Com'era possibile e come è tuttora possibile questo a ri­

guardo di Dio? Ecco il perché del rispetto, dell'ado­razione del Suo nome! Il che è sempre necessario e vero, sicché ci è proibito, dal se­condo comandamento, l'uso leggero e irrispettoso del no­me di Dio. Non possiamo parlare che "seriamente" di Lui, fuori di ogni esclamazio­ne leggera che implichi senza senso il Suo nome o ci giochi sopra. Questo vale anche per Gesù, per la Madonna e i Santi. Tanto più è proibita la bestemmia. Una gravissima offesa a Dio o al Cristo, alla Madonna e ai Santi, di cui pare che anche i cristiani ab­biano perso il senso di gra­vità. E possiamo, tristemente, sentir dire che un popolo di cristiani è pure un popolo di bestemmiatori! Se sono male le inutili "chiacchiere" su Dio, enormemente più male è bestemmiarlo. Ed è tempo di rinnovare la nostra opera coraggiosa contro la bestem­mia.

 

 

Giuramenti falsi e illeciti

 

La Parola di Dio e l'inse­gnamento della Chiesa ci di­cono anche di non adoperare il Nome divino per giuramen­ti falsi e illeciti, perché non si può chiamare il Signore a te­stimone del male e della men­zogna.

Nell'Antico Testamento il giuramento si trova usato co­me forma religiosa di solenne affermazione (Dt 6,13; Num 30,3) mentre nel Nuovo Te­stamento Gesù ne condanna la pratica farisaica-casuistica e sembra a molti esegeti che lo interdica del tutto, perché all`uomo nuovo" non do­vrebbe essere necessario giu­rare e se mai lo si seguita a fa­re è a causa del peccato uma­no. Ad ogni modo una larga tradizione afferma che è leci­to giurare a certe precise condizioni morali e la Chiesa continua per certi casi la pra­tica del giuramento.

Ma è chiaro che Dio è of­feso da giuramenti falsi e ille­citi. Gli spergiuri sono gravi offensori della verità e della santità di Dio. E anche colo­ro che giurano per motivi leg­geri sono chiamati colpevoli dal Vangelo (Mt 5,34,37). Chi poi ha lecitamente giurato impegnando Dio non può tra­dire il suo giuramento senza dare una offesa diretta alla fedeltà di Dio.

Quel che però più ancora deve interessarci è la conti­nua riverenza, la lode e la gloria del Santo Nome di Dio. Ritorna il discorso sulla invocazione di questo Nome, sulla preghiera, soprattutto sul "canto di lode": «Canterò il tuo nome, o Altissimo» (Sal 7,18) «canterò inni al tuo no­me, sempre» (Sal 60,9).

1 Salmi ci insegnano la più stupenda esaltazione del Si­gnore ed è bello adoperarli il più possibile anche per que­sto. Conosciuto cos'è per noi il Nome di Dio e che storia d'amore esso narra, urge il bi­sogno della preghiera di lode e d'azione di grazie, di quella esaltazione cioè, senza limiti e animata dall'amore ricono­scente e grato, che si esprime appunto con la lode e in par­ticolar modo con il canto. Perciò S. Agostino diceva: «chi canta bene prega due volte». Ce ne dobbiamo ri­cordare quando si canta in­sieme nella liturgia, specie nella liturgia eucaristica e in quella delle "ore". "Sa­crificio di lode" è l'Eucaristia e "azione di grazie", dove si dà la più alta gloria al Santo Nome di Dio; e preghiera di azione di grazie e di lode è la liturgia delle Ore con i suoi salmi, inni e cantici.

Per noi cristiani anche il secondo comandamento, as­sunto nell'ambito della "gra­zia dialogale" della "novità cristiana", prende un sapore nuovo. Il Nome di Dio per noi non è più solo " Jahvè " perché Egli si è rivelato nel Suo mistero trinitario. Noi possiamo chiamare, invoca­re, esaltare un Dio in tre per­sone: Padre, Figlio e Spirito Santo. E ad ognuna delle di­vine persone va la nostra lo­de. E con quale intensità nuo­va se Padre, Figlio e Spirito Santo "inabitano" dentro di noi con la ricchezza dei nuovi doni del Nuovo Testamento! Dire "Padre" per noi dev'es­sere una grazia grande, se S. Teresa d'Avila affermava che, nel meditare il "Padre nostro" stava giorni e giorni ferma, estatica, in questa pa­rola! Ma un altro nome nel Nuovo Testamento è, più im­mediatamente, il termine del nostro canto adorante, della nostra invocazione d'amore, della nostra pace. È "Gesù", il nome del Figlio di Dio fatto uomo e Salvatore nostro. Dirlo è evocare non solo la Sua Persona ma tutta la Sua opera di salvezza. È sapere chi ora siamo e di che cosa siamo stati donati. E come la predicazione apostolica ave­va per oggetto manifestare a tutti questo Nome (Le 24,46, ecc.; Atti 4,17, ecc.; 5,28,40; 8,12; 10,43), soffrendo ogni cosa per esso (Mc 13,13), così il cristiano non basta rendere grazie a Dio per il nome di Gesù Cristo (Ef 5,20; Col 3,17) e riunirsi con i fratelli in questo nome (Mt 18,20), ma deve confessarlo al mondo, testimoniarlo con la parola e la vita, con il coraggio e la fierezza di S. Paolo (Atti 9,20; 22,27).

Insieme a Gesù ci è caro invocare e lodare il nome di Maria, che è nostra madre, e dei Santi.

Non possiamo dimenticare che nella preghiera del "Pa­dre nostro" chiediamo che "sia santificato" il Suo nome e che S. Pietro comanda: «Santificate nei vostri cuori il Cristo come Signore» (1 Pt 3,15). Ciò significa che so­prattutto si proclama Santo Iddio della fede e Santo e Glorificato il Cristo salvatore appunto "nei nostri cuori" e cioè nella persona nostra e nella nostra esistenza. La glo­ria al Nome dell'Altissimo come a quello del Salvatore si esprime, oltre la parola e l'in­vocazione, proprio nel nostro "essere" in Cristo e in una vi­ta conforme alla luce e alla vita di Lui, e fedele alle pro­messe e, se ci sono, ai voti. E guai a noi se adoperassimo il nome di Dio, di Cristo, per il nostro utile, il nostro potere e la nostra gloria! Saremmo noi l`idolo" di noi stessi e quindi fuori di quanto esige il secon­do comandamento.

 

 

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