Parrocchia di
S. Ambrogio in Mignanego (GE) |
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il 2°
Comandamento Non avrai
altro Dio di fronte a me |
Esso
dice: «Non nominare il nome di Dio invano». Per comprenderlo bene bisogna
conoscere la meravigliosa dottrina del "nome" nella Sacra
Scrittura. Lì il "nome" non è qualcosa di accessorio, di
sopraggiunto per riconoscere in certo modo qualcuno. Presso il Popolo
d'Israele è lo stesso Dio, l'Altissimo che non può nominarsi, che designa di
nominarsi e talmente si identifica col Sud nome che questo nome
"amato" (Sal 5,12) "lodato" (Sal 7,18)
"santificato" (Is 29,25) è come Lui stesso. Il nome di Jahvè è Dio
stesso ed indica quello che Lui è e fa per noi. Perciò il tempio è il luogo
dove Dio "fa dimorare il suo nome" (Dt 12,5), quindi la Sua
presenza (Es 34,24), e «invocare il nome di Jahvè » è renderGli culto,
adorarlo, pregarlo. Tanto questo è vero che anche nel nome degli uomini la
Bibbia vuol significare loro stessi con la loro attività, il loro destino,
cosicché agire sul nome di una persona è entrare nel suo essere. Quando Dio
impone un nome a qualcuno, per esempio Abramo, Sara, Giacobbe, è come se
voglia dichiarare una nuova personalità con un nuovo destino. Così per
S.Pietro da parte di Gesù. Si
capisce allora perché non si può «pronunciare invano il nome di Dio» (Es
20,7; Dt 5,11). Nel tempo di questo comandamento «la gente era comunemente
convinta che la conoscenza del nome di una cosa» come di un uomo e di uno
spirito «le avrebbe dato anche il diritto di dominarla e di farne l'uso che
voleva». Com'era possibile e come è tuttora possibile questo a ri guardo
di Dio? Ecco il perché del rispetto, dell'adorazione del Suo nome! Il che è
sempre necessario e vero, sicché ci è proibito, dal secondo comandamento,
l'uso leggero e irrispettoso del nome di Dio. Non possiamo parlare che
"seriamente" di Lui, fuori di ogni esclamazione leggera che
implichi senza senso il Suo nome o ci giochi sopra. Questo vale anche per
Gesù, per la Madonna e i Santi. Tanto più è proibita la bestemmia. Una
gravissima offesa a Dio o al Cristo, alla Madonna e ai Santi, di cui pare che
anche i cristiani abbiano perso il senso di gravità. E possiamo,
tristemente, sentir dire che un popolo di cristiani è pure un popolo di bestemmiatori!
Se sono male le inutili "chiacchiere" su Dio, enormemente più male
è bestemmiarlo. Ed è tempo di rinnovare la nostra opera coraggiosa contro la
bestemmia. Giuramenti falsi e illeciti La
Parola di Dio e l'insegnamento della Chiesa ci dicono anche di non
adoperare il Nome divino per giuramenti falsi e illeciti, perché non si può
chiamare il Signore a testimone del male e della menzogna. Nell'Antico
Testamento il giuramento si trova usato come forma religiosa di solenne
affermazione (Dt 6,13; Num 30,3) mentre nel Nuovo Testamento Gesù ne
condanna la pratica farisaica-casuistica e sembra a molti esegeti che lo
interdica del tutto, perché all`uomo nuovo" non dovrebbe essere
necessario giurare e se mai lo si seguita a fare è a causa del peccato umano.
Ad ogni modo una larga tradizione afferma che è lecito giurare a certe
precise condizioni morali e la Chiesa continua per certi casi la pratica del
giuramento. Ma
è chiaro che Dio è offeso da giuramenti falsi e illeciti. Gli spergiuri sono
gravi offensori della verità e della santità di Dio. E anche coloro che
giurano per motivi leggeri sono chiamati colpevoli dal Vangelo (Mt 5,34,37).
Chi poi ha lecitamente giurato impegnando Dio non può tradire il suo
giuramento senza dare una offesa diretta alla fedeltà di Dio. Quel
che però più ancora deve interessarci è la continua riverenza, la lode e la
gloria del Santo Nome di Dio. Ritorna il discorso sulla invocazione di questo
Nome, sulla preghiera, soprattutto sul "canto di lode": «Canterò il
tuo nome, o Altissimo» (Sal 7,18) «canterò inni al tuo nome, sempre» (Sal
60,9). 1
Salmi ci insegnano la più stupenda esaltazione del Signore ed è bello
adoperarli il più possibile anche per questo. Conosciuto cos'è per noi il
Nome di Dio e che storia d'amore esso narra, urge il bisogno della preghiera
di lode e d'azione di grazie, di quella esaltazione cioè, senza limiti e
animata dall'amore riconoscente e grato, che si esprime appunto con la lode
e in particolar modo con il canto. Perciò S. Agostino diceva: «chi canta
bene prega due volte». Ce ne dobbiamo ricordare quando si canta insieme
nella liturgia, specie nella liturgia eucaristica e in quella delle
"ore". "Sacrificio di lode" è l'Eucaristia e
"azione di grazie", dove si dà la più alta gloria al Santo Nome di
Dio; e preghiera di azione di grazie e di lode è la liturgia delle Ore con i
suoi salmi, inni e cantici. Per
noi cristiani anche il secondo comandamento, assunto nell'ambito della
"grazia dialogale" della "novità cristiana", prende un
sapore nuovo. Il Nome di Dio per noi non è più solo " Jahvè "
perché Egli si è rivelato nel Suo mistero trinitario. Noi possiamo chiamare,
invocare, esaltare un Dio in tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo. E
ad ognuna delle divine persone va la nostra lode. E con quale intensità nuova
se Padre, Figlio e Spirito Santo "inabitano" dentro di noi con la
ricchezza dei nuovi doni del Nuovo Testamento! Dire "Padre" per noi
dev'essere una grazia grande, se S. Teresa d'Avila affermava che, nel
meditare il "Padre nostro" stava giorni e giorni ferma, estatica,
in questa parola! Ma un altro nome nel Nuovo Testamento è, più immediatamente,
il termine del nostro canto adorante, della nostra invocazione d'amore, della
nostra pace. È "Gesù", il nome del Figlio di Dio fatto uomo e
Salvatore nostro. Dirlo è evocare non solo la Sua Persona ma tutta la Sua
opera di salvezza. È sapere chi ora siamo e di che cosa siamo stati donati. E
come la predicazione apostolica aveva per oggetto manifestare a tutti questo
Nome (Le 24,46, ecc.; Atti 4,17, ecc.; 5,28,40; 8,12; 10,43), soffrendo ogni
cosa per esso (Mc 13,13), così il cristiano non basta rendere grazie a Dio
per il nome di Gesù Cristo (Ef 5,20; Col 3,17) e riunirsi con i fratelli in
questo nome (Mt 18,20), ma deve confessarlo al mondo, testimoniarlo con la
parola e la vita, con il coraggio e la fierezza di S. Paolo (Atti 9,20;
22,27). Insieme
a Gesù ci è caro invocare e lodare il nome di Maria, che è nostra madre, e
dei Santi. Non
possiamo dimenticare che nella preghiera del "Padre nostro"
chiediamo che "sia santificato" il Suo nome e che S. Pietro
comanda: «Santificate nei vostri cuori il Cristo come Signore» (1 Pt 3,15).
Ciò significa che soprattutto si proclama Santo Iddio della fede e Santo e
Glorificato il Cristo salvatore appunto "nei nostri cuori" e cioè
nella persona nostra e nella nostra esistenza. La gloria al Nome
dell'Altissimo come a quello del Salvatore si esprime, oltre la parola e l'invocazione,
proprio nel nostro "essere" in Cristo e in una vita conforme alla
luce e alla vita di Lui, e fedele alle promesse e, se ci sono, ai voti. E
guai a noi se adoperassimo il nome di Dio, di Cristo, per il nostro utile, il
nostro potere e la nostra gloria! Saremmo noi l`idolo" di noi stessi e
quindi fuori di quanto esige il secondo comandamento. |