Parrocchia di S. Ambrogio in Mignanego (GE)

 

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Introduzione alla Liturgia / 15

 

I Tempi liturgici : Tempo durante l'anno

 

Questo tempo comprende le settimane che vanno dall'Epifania alla Quaresima, e quelle che seguono alla festa di Pentecoste giungendo fino all'inizio dell'Avvento.

Nel tempo durante l'anno la nostra attenzione è centrata sul mistero della Chiesa, animata dallo Spirito del Signore, che prolunga nel tempo la sua vita. Essa è lo strumento per mezzo del quale la vita del Risorto continua ad agire nella storia, ed afferra progressivamente gli uomini che vivono nello spazio e nel tempo.

Per illustrare questo ritmo profondo di vita, la liturgia continua a proclamare il Vangelo: non solo per ricordare quello che egli ha operato sulle strade di Palestina, nel contatto con gli uomini del suo tempo, ma soprattutto per mostrare Cristo all'opera nel mondo di oggi, e le modalità sempre attuali del rapporto che ci stringe a lui. Rilegge le lettere degli Apostoli, non come messaggio rivolto alle ormai lontane comunità primitive, ma come parola che giunge al cuore dei nostri problemi odierni.

Fissiamo qui qualche indicazione che aiuti ad accogliere questo messaggio e a tradurlo nella vita. E anzitutto occorre vedere i criteri concreti con cui sono state ordinate le Letture.

 

LETTURE

I tempi forti dell'anno liturgico (quelli fin qui vissuti: Avvento, Tempo di Natale, Quaresima, Tempo pasquale) si vedono attribuiti, da tradizioni liturgiche spesso unanimi, taluni libri dell'Antico e del Nuovo Testamento, il cui messaggio si trova in più intima sintonia con la colorazione propria di quel tempo.

Al tempo « per annum » è riservata invece la lettura degli altri libri della Bibbia, con in più una funzione completiva rispetto al ciclo triennale festivo.

E mentre nei tempi forti e nel ciclo domenicale prevale spesso, sia pure con una certa elasticità aliena da ogni rigido sistema, il criterio della armonizzazione delle letture intorno a un unico tema, il lezionario feriale durante l'anno si fonda esclusivamente sul principio della lettura semicontinua: si opera cioè all'interno di ogni libro una scelta di tipo antologico, che presenta le pagine più rilevanti o di più immediata assimilazione: lo scopo è evidentemente quello di dare un'idea generale del libro, e di stimolare i singoli a completarne la lettura in privato.

Naturalmente non tutti i libri sono presentati in uguale misura: i più importanti vi figurano abbondantemente, mentre di altri sono riportati solo i passi più caratteristici.

In concreto:

1 - La seconda lettura passa in rassegna successivamente i tre Vangeli sinottici: Marco, Matteo e Luca. Giovanni è stato letto già nel periodo quaresimale e pasquale.

La scelta delle pericopi avviene nel modo seguente: i cc. 1-12 di Marco sono ripresi per intero, a parte due pericopi del c. 6, che figurano già in altre Messe feriali. Da Matteo e da Luca si legge tutto ciò che essi non hanno in comune con Marco: vengono però nuovamente riprese quelle narrazioni che nei tre Vangeli presentano un carattere peculiare, o che sono necessarie per comprendere il seguito del libro. Il discorso escatologico tratto da Luca: viene così a collocarsi nell'ultima settimana dell'anno liturgico, a cui dà la sua colorazione.

Le motivazioni che sono alla base del criterio adottato si intuiscono facilmente. Marco è comunemente considerato come una delle principali fonti di Matteo e di Luca. Da ciò si spiegano le molte pericopi comuni ai tre Vangeli, che hanno posto la famosa « questione sinottica ». È dunque normale che gli sia assegnata una posizione prioritaria. Matteo e Luca d'altronde dispongono di altre fonti proprie, che arricchiscono la vivace narrazione di Marco.

Sono questi elementi « proprii » che vengono ripresi dalle letture, per una presentazione sostanziale di tutto il messaggio evangelico.

2 - Degli altri libri del Nuovo Testamento vengono presentate sezioni abbastanza ampie, che permettono al fedele di accedere alla sostanza stessa del libro. Vengono omessi i brani che trattano questioni che non hanno più incidenza nella situazione pastorale odierna.

3 - Quasi tutti i libri dell'Antico Testamento fanno la loro comparsa; data la sua ampiezza ci si è dovuti accontentare di pagine scelte, più o meno numerose a seconda dell'importanza del libro. Dovendo riprendere narrazioni storiche troppo estese, si è operata una scelta tra i versetti: sfrondato così degli elementi marginali, il fatto è presentato nelle sue linee essenziali.

 

La prima lettura a ciclo biennale

Per i tempi forti dell'anno liturgico esiste un solo ciclo annuale nelle due letture feriali.

Nelle 34 settimane « durante l'anno » al contrario, la prima lettura è fissata su un ciclo biennale, in cui si alternano l'AT e il NT. L'estensione di due anni assicura una scelta più ampia di testi da tutta la Bibbia.

Il I ciclo è usato negli anni dispari; il II negli anni pari.

La seconda lettura invece, che è tratta sempre dal Vangelo, è distribuita su un unico ciclo annuale, che viene ripreso ogni anno.

Siamo chiamati a curvarci amorosamente su questi testi, che racchiudono il mistero di Dio e ci svelano il senso della nostra esistenza. Sono parole immense, in cui non avremo mai finito di pensare. « Basta attingere di li una Parola, per avere un viatico per tutta la vita », dice il Crisostomo. E tuttavia la comprensione di quei frammenti esige una visione globale: sono come le tessere di un mosaico che vanno collocate nell'insieme della composizione.

Preso nel suo complesso, il lezionario feriale si presenta appunto come una composizione unitaria. Ci aiuta a comprendere l'unità dei due Testamenti - il carattere organico di quell'immensa e stupenda Storia, con la quale siamo salvati -, la progressione e la coerenza intima di quella « rivelazione » con cui Dio solleva parzialmente il velo che ci impedisce di contemplare lo splendore del suo volto, in attesa della visione gloriosa in cui « lo vedremo come è ». Si rivela così al nostro sguardo attonito quel grande disegno d'amore che Dio ha concepito, e che culmina in Gesù Cristo e nel suo Mistero pasquale.

Non deve sorprendere che la Chiesa si preoccupi di presentarci le fasi passate della storia salvifica. L'interesse di noi cristiani non è certamente volto a ricostruirne in modo quasi archeologico gli stadi successivi: la Liturgia non è a servizio della storia, ma a servizio della vita.

Perché allora questo ripiegamento sul passato? Per contemplare, con l'animo pieno di meraviglia, di gioia e di riconoscenza, il movimento ascensionale che sospinge questa storia, in modo irresistibile, verso il suo sbocco decisivo. È Cristo che dà all'insieme la sua coerenza essenziale. Tutte le grandi realtà dell'Antico Testamento vengono a fondersi nella sua persona adorabile. Ciascuna di esse parla già misteriosamente di Lui, perché lo prefigura e lo prepara. Ci aiutano dunque, oggi, ad afferrare meglio la ricchezza del suo Mistero, sintesi e attuazione ultima di tutto ciò che precede.

 

Ciclo del I anno

I libri si presentano in quest'ordine: apre la lettera agli Ebrei (la - 4a sett.), posta lì quasi come un prologo a tutta la storia salvifica; sottolinea infatti la centralità dell'opera di Cristo e del suo sacrificio, sostitutivo dì tutte le offerte inefficaci dell'antica alleanza, e la mette in rapporto con tutta l'economia di salvezza. Veramente opportuna questa sintesi suggestiva, prima che la storia si snodi in tutte le sue tappe.

La prima di queste tappe è presentata da Genesi cc. 1-11 (5a-6a sett.), che descrive le origini del genere umano, ed enuncia le verità fondamentali su cui poggia tutta l'economia di salvezza: creazione, unità del genere umano, caduta dei progenitori.

Sono eventi capitali, che suscitano un bisogno di riflessione teologica: a ciò risponde il libro sapienziale del Siracide (7a-8a sett.), seguìto da alcuni stralci di Tobia (9a sett.), racconto edificante, appartenente più al genere sapienziale che a quello storico, che può agganciarsi alla storia dei Patriarchi per quel vivo senso della famiglia che è l'anima del libro.

Segue una sezione del tutto staccata e indipendente, che presenta la II lettera ai Corinti (10a-11a sett.), mediante i suoi temi principali. Queste sezioni del Nuovo Testamento con cui si è creduto bene di intercalare il racconto vetero-testamentario, sono come un intermezzo che interrompe il filo della storia, dividendola quasi in puntate, e non hanno con essa se non quel rapporto di fondo che intercorre tra le divine preparazioni nel vecchio Israele e la suprema attuazione nella comunità ecclesiale.

Il racconto riprende col seguito del Genesi (cc. 12-50), Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè (12a-19a sett.): riviviamo così la storia del popolo eletto, da Abramo fino alla sua definitiva installazione nella terra promessa, attraverso il lungo e impressionante dramma dell'Esodo. La redazione deuteronomistica non presenta solo dei fatti, ma ne enuclea costantemente anche la portata religiosa, attraverso i grandi temi della promessa, dell'elezione, dell'alleanza e della legge.

Il libro del Giudici (20a sett.), ci presenta un secolo e mezzo di storia travagliata, contrassegnata da lotte che forgiano l'anima nazionale e rassodano la fiducia in Jahve, sola salvezza in mezzo a tutte le prove (cf. il commento di Eb 11, 32-34). Con l'idillio trasparente di Ruth la Moabita (20a sett.), bisavola di David, siamo condotti fino alle soglie della monarchia. Qui il racconto storico si arresta, per riprendere all'inizio dell'anno seguente.

Segue una vasta sezione (21a-31a sett.), in cui si alternano lettere paoline e sezioni profetiche. Anzitutto la I ai Tessalonicesi, ai Colossesi e la I a Timoteo (21a-24a sett.), con una ricca tematica che si raccoglie tutta intorno a Cristo, centro della vita cristiana e del ministero apostolico. Vengono poi alcune sezioni del libro di Esdra, ed i Profeti minori il cui ministero si colloca nel periodo post-esilico: Aggeo, Zaccaria, Neemia, Baruc, Giona, Malachia, Gioele (25a-27a sett.). Esdra ha evidentemente qui lo scopo di fornire la sua cornice storica al messaggio di questi profeti, che ci riportano al periodo della restaurazione del culto, dopo l'esilio babilonese. Potrà forse sorprendere che questa sezione sia collocata qui, e non piuttosto nell'anno seguente, dopo il libro dei Re, ove troverebbe il suo posto nella linea dello svolgimento storico.

Non è difficile intuire il motivo di questa anticipazione. Proprio un criterio storico ha spinto a leggere i profeti in rapporto al tempo in cui sono vissuti ed hanno insegnato. Ciò esigeva che i grandi profeti fossero collegati con le narrazioni storiche dei Re; così infatti avviene nel secondo anno. D'altronde si è voluto in ogni ciclo alternare sezioni storiche, profetiche, sapienziali ed epistolari.

Bisognava dunque anticipare l'altro blocco dei profeti post-esilici: si è provveduto peraltro ad inquadrarli storicamente con il libro storico di Edra. Poiché la restaurazione pone il culto del Tempio al centro del suo interesse, questi profeti si collocano del resto in continuità ideale con lo spirito sacerdotale che anima il Pentateuco, il quale dà il tono a tutto questo ciclo.

La lettera ai Romani, che copre l'arco di quattro settimane (2a-3a sett.), aiuta ad approfondire ulteriormente il senso dell'economia antica, di cui Paolo sottolinea il valore, ma anche la relatività di una tappa provvisoria. Essa cioé trae tutto il suo senso dal rapporto con Cristo. Ai Giudei che confidavano orgogliosamente nella Legge - e a noi fatui che pretendiamo raggiungere la giustizia con i nostri sforzi - Paolo oppone Cristo Giustizia di Dio, mediante il quale la grazia di Dio viene in soccorso all'uomo peccatore.

Alla densa teologia di Paolo fa seguito un momento di riflessione sapienziale, con il libro della Sapienza (328 sett.) e qualche sezione dei due libri

dei Maccabei (338 sett.), che per la composizione risalgono allo stesso periodo e, pur contenendo un nucleo storico, hanno un tono marcatamente didattico: mirano più all'edificazione che alla ricostruzione esatta dei fatti.

Il ciclo si conclude con il Profeta Daniele (348 sett.), il cui messaggio profetico, tradotto plasticamente in scene di colore apocalittico, è tutto orientato al « tempo della Fine » e alla « consumazione del Regno »: si intona dunque bene al clima escatologico dell'ultimo scorcio dell'anno liturgico.

 

Ciclo del II anno

Il ciclo del II anno riprende il precedente e lo conduce avanti. Inizia con una sezione storica che, attraverso i libri di Samuele e dei Re (1a-5a sett.), riprende il filo della storia sacra là ove era stato interrotto nel ciclo precedente: ci passa così davanti agli occhi l'epoca aurea della monarchia: Saul, Davide e Salomone, fino allo scisma che, alla morte del re pacifico, divide la « casa di Israele » dalla « casa di Davide ».

Segue un blocco di 4 settimane (6a-9a), in cui si leggono dal Nuovo Testamento alcune Epistole « cattoliche » (Giacomo, Pietro, Giuda) e la II a Timoteo. Sarebbe vano cercare un nesso esistente tra il messaggio di queste lettere e la sezione storica precedente: la loro collocazione a questo punto - come abbiamo già osservato nel ciclo precedente - è fissata solo in base al criterio pratico di alternare i due Testamenti; ne risultano sezioni staccate e indipendenti.

Una seconda sezione storica, attraverso il seguito dei libri dei Re (10a-12a sett.), presenta stralci della storia scismatica dei due regni, fino allo sbocco fatale e tragico dell'esilio, su cui anche noi torniamo a piangere con alcuni accenti accorati delle Lamentazioni (sab. della 12a sett.).

Il seguito degli avvenimenti, con il ritorno in patria e la restaurazione, è già stato abbozzato, per le ragioni già viste, verso la fine del ciclo precedente. La loro assenza qui non produce del resto una grande lacuna. Quel « ritorno » è stato solo un'ombra. Le grandi pagine profetiche che lo annunciavano, lo hanno descritto con immagini splendenti, come più meraviglioso ancora del primo esodo.

La restaurazione di Esdra e Neemia male si inquadra in questa cornice profetica grandiosa, e non poteva non deludere un'attesa così esigente. Il dramma dell'esilio ha avuto dunque il suo sbocco reale soltanto nell'esodo che Cristo ha attuato con la Pasqua. La stessa lezione dell'esilio in fondo lascia presagire quella del mistero della Croce: la prova è ordinata a un progresso spirituale, la sofferenza conduce alla vita.

Dopo la storia dei due Regni, si leggono i grandi profeti che hanno vissuto in quel contesto storico, e il messaggio è in gran parte legato alle sue vicende. Questo criterio presenta grandi vantaggi: strappa i profeti a una sfera intemporale e li colloca al loro posto in quella storia provvidenziale, in cui Dio illumina progressivamente il suo popolo e lo conduce verso la salvezza.

Infatti se i Re tengono in mano le fila degli eventi politici, sono però i profeti le guide spirituali. Gli eventi storici d'altra parte vengono illuminati dal messaggio profetico, che ne dà l'intelligenza e ne rivela la portata in ordine alla salvezza, nel contesto del piano divino. Si tratta in questa sezione dei profeti maggiori, presentati in ordine cronologico: Amos, Osea, Isaia, Michea, Geremia, Nahum, Abacuc, Ezechiele (13a-20a sett.).

Viene poi un vasto blocco di lettere paoline: II ai Tessalonicesi, 1 ai Corinti, Galati, Efesini, Filippesi, Tito, Filemone. La lista presenta gli scritti dell'apostolo in ordine cronologico, omettendo naturalmente quelli già letti nell'anno precedente e intramezzandone la lettura con una parentesi sapienziale (Proverbi, Ecclesiastico, Giobbe). In appendice sono poste due brevi letture dalla II e III lettera di Giovanni (21a-32a sett.).

Conclude l'Apocalisse, che fa da parallelo a Daniele per l'anno precedente, ed è la grande epopea della speranza cristiana. Letto nello scorcio finale dell'anno liturgico (33 a -34a sett.), orienta gli spiriti verso il trionfo definitivo di Cristo e la gloria della Gerusalemme futura. Con queste prospettive di eternità alimenta e sostiene la fede della Chiesa nel suo travagliato pellegrinaggio verso la casa del Padre.

Tutti i libri della Bibbia, come si vede, fanno la loro comparsa in questo lezionario feriale, almeno attraverso qualche pagina tipica e rappresentativa. Mancano all'appello solo libri profetici brevissimi (Abdia e Sofonia). Il Cantico, e i libri di Ester e Giuditta, che sono assenti da questo ciclo, compaiono però in quello domenicale, o nelle ferie di altri tempi.

Questa iniziazione, praticamente completa, anche se necessariamente frammentaria, sarà per molti fedeli una scoperta; ed è auspicabile che stimoli la loro « fame della Parola » (Am 6, 11), spingendoli ad accostare per intero quei libri, di cui la Chiesa, con saggia e materna sollecitudine, ci offre qui quasi una prelibazione.

 

Il Vangelo

« Vangelo », come è noto, significa « buona novella », « lieto messaggio ». Sono dunque indicati con questo nome i quattro libri che raccontano la « buona novella » portata al mondo da Cristo. I primi tre presentano tra loro tale somiglianza che possono essere posti in colonne parallele e abbracciati « con un solo sguardo »: di qui il loro nome di « sinottici ».

Merita un adeguato rilievo la tradizione storica che, fin dal secolo II, ha attribuito i tre scritti a Matteo, Marco e Luca. Il primo è un Apostolo; gli altri due sono stati stretti collaboratori degli Apostoli. Il racconto si fonda dunque sulla garanzia di testi oculari, che hanno suggellato la loro testimonianza con il sangue del martirio.

Anche a livello critico, il valore storico degli scritti non lascia adito a dubbi. La fede ce li presenta poi come « ispirati », aventi cioè lo Spirito di Dio come autore principale: e in questa luce la loro inerranza si munisce di divina certezza.

Per comprenderne adeguatamente il messaggio è necessario conoscere il modo con cui si sono formati, e lo scopo che essi si sono proposti. Non abbiamo per questo che da seguire le indicazioni autorevoli del Concilio (DV 18-19). La formazione dei Vangeli passa attraverso tre stadi:

a - Il primo è quello di Gesù che, durante la sua vita tra gli uomini, ha moltiplicato gli insegnamenti e le opere: così ha rivelato il volto del Padre ed ha operato la nostra salvezza.

b - Il secondo stadio è quello apostolico. Gli Apostoli, « testimoni del Risorto », trasmettono ai loro ascoltatori ciò che egli ha detto e fatto. Si forma così una autorevole tradizione orale: essa avviene sotto la direzione dei responsabili, e col soffio animatore dello Spirito che guida i primi credenti all'intelligenza « della verità tutta intera », come Gesù aveva promesso.

Gli eventi della Pasqua e della Pentecoste proiettano su tutta la carriera del Cristo una luce nuova: il mistero della sua persona, la portata delle sue azioni e del suo insegnamento sono compresi dalla fede pasquale in modo più profondo.

c - Il terzo stadio è quello evangelico. Gli autori dei quattro Vangeli elaborano questo ricco materiale trasmesso dalla predicazione orale, in qualche caso fissata già per iscritto. È un lavoro ora di selezione, ora di sintesi, ora di adattamento alla situazione concreta delle chiese.

Lo scopo non è quello di redigere una « biografia » in senso moderno; e neppure quello di presentare un'esatta e materiale ricostruzione dei fatti. Basta confrontare la redazione parallela di un unico fatto per accertarsene. Certo essi vogliono tramandare « con sincerità e verità » l'immagine del Maestro, trasmettere con fedeltà il suo messaggio. Ma il genere rimane quello della « predicazione » (in greco « kèrigma ») e lo scopo di offrire un cibo assimilabile, di nutrire una fede viva, e di spingere efficacemente gli uditori ad accogliere il messaggio. Le situazioni dei destinatari sono varie, e varie sono di conseguenza le preoccupazioni pastorali e gli orientamenti teologici dei singoli autori.

Ognuno presenta dunque il messaggio unico in modo proprio: dei « sinottici » si può dire che sono tre ed uno, ad un tempo.

 

 

[tratto da: LA LITURGIA - M. Magrassi - 1979 Marietti Editori]

 

 

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