Parrocchia di S. Ambrogio

in Mignanego (GE)

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il cammino della preghiera - lez. 10

 

RINGRAZIARE

 

 

 

GESU' L'HA DENUNCIATO

 

Gesù ha denunciato l'uomo che non ringrazia. Nel Vangelo di Luca (XVII, 11) quando vide che dei dieci lebbrosi guariti ne era tornato uno solo a dire grazie, esclamò:

"Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri no­ve dove sono? ".

 

" E gli altri nove dove sono?". E' pesante que­sta denunzia di Cristo. La percentuale di chi pensa e ringrazia sarà sempre così ridotta? L'uomo è proprio inguaribile nel suo egoismo? Abbiamo addosso la lebbra dell'ingratitudine.

Il Signore aspetta il nostro ringraziamento co­me logica dei fatti; se abbiamo ricevuto da Dio è logico che lo riconosciamo, se lo riconosciamo è lo­gico che ci apriamo alla gratitudine. Il Signore non ha dato ai nove lebbrosi guariti un ordine, ma si at­tendeva che i nove guariti dessero un ordine a se stessi.

La gratitudine è la logica dell'intelligenza e del cuore retto. Chi capisce e ha il cuore retto non può fare a meno di ringraziare. Per questo non esiste un comando specifico per il ringraziamento, perchè il comandamento deve partire dall'uomo; avrebbe sen­so la riconoscenza imposta?

 

" E gli altri nove dove sono? ". In quei nove ci siamo tutti perchè sono innumerevoli le nostre ne­gligenze verso la bontà di Dio. Purtroppo in quei nove siamo presenti tutti, perchè tutti siamo col­pevoli di ingratitudine a Dio. L'uomo non riuscirà mai a stare al passo coi doni di Dio. I benefici di Dio sono più numerosi dell'arena del mare, sono in­numerevoli come le gocce d'acqua dell'oceano:

Ma l'uomo deve almeno aprirsi al problema! Non lo risolverà, ma deve almeno capire che c'è!

 

"E gli altri nove dove sono? ". La denuncia a­mara di Cristo deve spingermi a rappresentare gli assenti. Quando avremo capito e saremo guariti dal­la lebbra dell'ingratitudine, dovremo presentarci a Dio anche per i nostri fratelli che non capiranno mai e rappresentarli: " Signore, perdonali, perchè non sanno quello che fanno; io sono qui a ringra­ziare anche per loro, dammi la capacità di poterli rappresentare sostituendomi ad essi... ".

 

 

TUTTA LA BIBBIA CHIAMA

 

I dieci comandamenti prendono poche pagine della Bibbia, ma l'invito di Dio a ringraziare si esten­de per tutta la Scrittura. E' difficile trovare due o tre pagine consecutive della Bibbia che non conten­gano. questo richiamo; è incessante il martellare di Dio a tener a mente ciò che Lui ha fatto, a ricorda­re le meraviglie operate per il suo popolo.

Tutto il libro dei Salmi poi, il libro classico della preghiera ebraica, è tutto intessuto di preghie­re di ringraziamento.

Questi dati della rivelazione pongono un pro­blema: se Dio insiste tanto sul dovere di ringrazia­re, è segno che questo è un grande bisogno dell'uo­mo, è segno che nel ringraziare c'è il suo grande in­teresse, è segno che nel ringraziare c'è la felicità, è segno che nel ringraziare l'uomo si realizza. Rin­graziando l'uomo trova il proprio equilibrio: pone se stesso in dipendenza da Dio e pone Dio al suo posto, in preminenza su tutto.

Se tutta la Bibbia è un continuo richiamo al ringraziamento, forse è perchè l'uomo corre troppo facilmente il rischio di dimenticarlo e invece ha troppo bisogno di non dimenticarlo affatto. Se tut­ta la Bibbia richiama al ringraziamento, forse è se­gno che Dio intravede in questo il mezzo più semplice per l'uomo per andare diritto a Lui, il mezzo più immediato per realizzare tutto l'ideale religioso dell'uomo. Se tutta la Bibbia ne parla, forse è an­che per tracciare una " via facile " alla fede.

Se tutta la Bibbia richiama al ringraziamento, è perchè imparare a ringraziare significa imparare a vivere il nostro rapporto con Dio in maniera vitale.

Se tutta la Bibbia richiama al ringraziamento, forse è perchè poche cose come questa danno la possibilità all'uomo di prepararsi alla grande rivela­zione di Cristo, la rivelazione della bontà infinita del Padre e della nostra adozione a figli.

 

 

LA PREGHIERA APERTA A TUTTI

 

Tutti sono capaci a ringraziare e tutti ne capi­scono il perchè. Non tutti invece sono capaci a but­tarsi nella contemplazione e non tutti ne capiscono il perchè.

Si ringrazia a parole e si ringrazia anche senza parole. Per ringraziare non ci vogliono formule, ba­stano poche parole, poche parole e qualche idea sul­la bontà di Dio. Per questo ringraziare è una pre­ghiera semplice per i semplici, ma è una preghiera ben ricca.

Quando noi preghiamo abbiamo bisogno di stru­menti come parole, idee, libri; quando ringraziamo ci servono poche parole e i libri diventano un im­paccio.

Ringraziare è il pregare dei poveri. Ogni tipo di preghiera richiede preparazione, allenamento, fatica, ambiente adatto e molta buona volontà; per ringra­ziare, invece, non ci vuole preparazione, non c'è da imparare, perchè tutti sanno come si fa. Anche un ateo che si apre a Dio può entrare direttamente in questa via della preghiera e percorrerla fino in fon­do fin dal primo momento in cui cerca Dio.

Non ci vogliono parole, basta solo un'idea, que­sta: Dio è un padre buono che ama. Il resto viene da sé.

Per insegnare ad un convertito a pregare basta insegnargli a ringraziare. Anche se non ha mai pre­gato, con questo mezzo sa pregare.

E' una strada varia e gaia la preghiera di rin­graziamento: è come cogliere fiori in un prato. Non si è finito di coglierne uno che se ne vede già un altro più bello ancora che invita a farsi raccogliere e il mazzo diventa grande come una bracciata. Mettersi a ringraziare è un incentivo a trovare i doni di Dio. E i doni di Dio sono fatti così: più si cercano e più si trovano, finchè si finisce di dover lasciare perchè è assolutamente impossibile affer­rarli tutti.

Per dare ai bambini il gusto della preghiera ba­sta condurli per mano fino alla soglia del ringra­ziamento e lasciarli lì: appena varcata la soglia es­si non hanno più bisogno della nostra guida, cam­minano dentro da soli con speditezza. Ringraziare è una preghiera che non stanca mai. C'è sempre del nuovo e c'è sempre del bello da pen­sare, da vedere, da dire. Per questo è la preghiera adatta a tutti, per tutte le età, per tutti i tipi di persone, per ogni preparazione spirituale. Ringra­ziare è la preghiera senza strutture perchè è la pre­ghiera che scavalca le strutture. Più si è semplici, più si è capaci a ringraziare. E' anche la preghiera più riposante, riposa la mente e allarga il cuore. Quando la mente è stanca il ringraziare è la preghie­ra adatta, perchè non assorbe, non opprime, non pesa.

 

 

ALLENAMENTO

 

L'allenamento a ringraziare ha bisogno di me­todo e razionalità. Si comincia dal facile per anda­re al difficile come in ogni buon allenamento. Biso­gna puntare in alto: giungere a dire grazie per tut­te le cose che ci costano di più, ma quella è la vet­ta della montagna. Per arrivare in vetta prima biso­gna affrontare la scarpata che porta alla vetta: bi­sogna insomma partire dalle cose facili.

Diciamo subito che è improprio, persino irra­zionale dividere i nostri problemi in quelle due ca­tegorie: le cose belle e le cose non belle. Per chi ha fede esistono " cose difficili ", ma non esistono cose non belle, perchè tutto è guidato da Dio: la notte e il giorno, il bello e il cattivo tempo, le nuvo­le e il tempo sereno. Ma evidentemente ci sono dei momenti molto belli nella nostra vita, ci sono co­se molto belle nella nostra giornata se sappiamo aprire i nostri occhi. E' di lì che comincia un alle­namento razionale al ringraziamento. Non lasciar passare nessuna gioia della vita senza ringraziare! E' questa la prima tappa al ringraziamento.

Cominciare di lì significa cominciare a darci una convinzione di cui abbiamo grande bisogno: Dio è buono! Dio è un padre! Dio pensa a noi con una delicatezza infinita!

Provate a passare un giorno ben decisi in que­sto impegno: ogni gioia oggi deve essere santifica­ta da un grazie a Dio; vedrete se non giungerete alla sera con un'idea nuova della bontà di Dio. A­prirete gli occhi su certi aspetti della vostra vita ai quali non avevate mai pensato, crescerà in voi il bisogno di abbandonarvi a Lui sempre di più, di confidare in Lui con più profondo abbandono; met­terete saldezza al vostro spirito di fede.

Questo esercizio matura alla fede, poi la fede, come sempre, apre gli orizzonti della generosità. La fede è sempre lo stelo che regge il fiore, è sempre la preparazione all'amore. Se la fede è viva, fa sca­turire la risposta, cioè dà origine all'amore.

E' molto umiliante questo fatto: la gran mas­sa cristiana si ricorda di Dio solo per tendere la mano o quando è davanti ad una situazione che fa paura. Anche le persone di " chiesa " sono sem­pre lì a fare gli accattoni nella loro preghiera, chie­dono le cose più stravaganti, chiedono continua­mente, senza nemmeno valutare se ciò che chiedo­no è utile o dannoso. Questo grande accattonaggio collettivo sovente ubbidisce a delle leggi molto ir­razionali. Ci comportiamo come sciocchi mendican­ti davanti a Dio, mendicanti ai quali Dio riempie di ogni dono la bisaccia, che Dio veste, sostiene e al­loggia; e il mendicante è sempre lì scontento e con­tinua a cantar miserie, perchè aspetta quel famoso centesimo da nulla a cui tiene più di tutto...

E' umiliante essere dei mendicanti mentre Dio aspetta che ci comportiamo da figli.

E' la preghiera di ringraziamento che può farci operare il passaggio da mendicanti a figli. Chi si a­bitua a ringraziare, ad un certo momento, si ver­gogna di imporre i suoi programmi a Dio; sa che Dio gli è padre, sa che Dio conosce meglio di noi quello che ci occorre, pensa solo a ringraziare per­chè è sicuro che Dio aspetta questo soprattutto. Questo è fede, questo è amore, questo è vivere nel­la concretezza la realtà di Dio padre.

Ma l'allenamento ha bisogno di precisione. Per­chè non potremmo pattuire con noi stessi di dedi­care sempre un'ora al giorno per ringraziare Dio di ogni cosa bella che ci dà? Per ringraziare un'ora al giorno non c'è da interrompere il proprio lavoro, non occorre andare in chiesa, basta scegliere un la­voro che lo consenta. Quasi tutti i lavori manuali che non assorbono del tutto la nostra mente po­trebbero convertirsi in preghiera di ringraziamento.

Noi pensiamo continuamente, quando non pen­siamo, fantastichiamo. Lo facciamo camminando, lavorando, prima del sonno, quando ci svegliamo, lo facciamo tra le azioni più impensabili; tutte le volte che il nostro lavoro non ci assorbe, parte il fiume dei pensieri. Bene, basterebbe una cosa molto semplice, basterebbe mettere argine al fiume in piena, dirigere i nostri pensieri verso la direzione della riconoscenza a io e noi metteremmo un po' di giustizia nei nostri rapporti con Lui.

 

 

PUNTARE AL  DIFFICILE

 

Ma è facile ringraziare delle cose belle! Tutti ne sono capaci, anche se pochi lo fanno.

Ma l'importante, anzi l'essenziale è giungere a ringraziare delle spine, delle contraddizioni, delle pene e anche dei propri errori. Quando si arriva lì, si è alla vetta. Perchè chi arriva a ringraziare delle cose spiacevoli, anche delle croci, allora ha veramen­te imparato a vivere. La vita è sempre un intreccio di cose che vanno e di cose che non vanno, di gioie e di spine, di vittorie e di frustrazioni.

Il cristiano è colui che sa convivere con le gioie e con le pene, col caldo e col freddo, con la calma e con la tempesta. Il cristiano è colui che è capace di mai andare a fondo nelle burrasche della vita o almeno è capace, andando a fondo, di tornare sem­pre a galla.

Il ringraziamento deve portarci a questa meta e farci capaci di sopravvivere a qualunque tempe­sta.

Come si fa? Forse è opportuno chiarire che non è semplice, è una lotta che a volte sembra impossi­bile, sembra una lotta sproporzionata contro una forza che ci schiaccia. Esige anche una certa cono­scenza del cuore umano. Per esempio, non è convin­cente per nessuno ringraziare Dio davanti ad una contraddizione: è come battere la testa contro un muro.

Ma c'è una tattica: per buttar giù un muro non occorre affatto cozzarci dentro con la testa. Basta fare così: prendere un palo, piazzarsi bene e poi cozzare col palo invece che con la testa e il muro, probabilmente, andrà giù senza farci del male.

Per intenderci: davanti a certe contraddizioni suona a vuoto il ringraziamento, è una cosa che non convince affatto, anche se è una cosa bella. Ma se, prima di ringraziare, ci fermiamo a guardare in fac­cia con molta calma la contraddizione e, dopo aver constatato che non possiamo proprio farci nulla, la mettiamo nelle mani di Dio con la semplicità del fanciullo, allora è come ricorrere alla famosa tatti­ca del palo e con quella il muro crollerà.

Quando abbiamo affidato un problema insolu­bile a Dio e l'abbiamo fatto con fiducia, con umil­tà, con vero abbandono, allora, solo allora possiamo metterci a ringraziare. E' quello l'istante in cui a­zioniamo il palo. Non basterà un colpo. Non baste­rà ringraziare una volta. Ma ringrazieremo cento, ringrazieremo mille volte e il muro, quasi certamen­te, crollerà. Bisogna provare per convincersi.

Tutto subito avremo anche l'impressione che il nostro grazie suoni a vuoto. E' logico! E' difficile che certe cose vadano giù quando vogliamo farle andare giù. Ma se continuiamo a ringraziare, giun­gerà il momento in cui il muro si screpolerà, giun­gerà il momento in cui scopriremo il "filo della provvidenza ", riusciremo ad intravedere certi ri­svolti positivi in quella situazione negativa.

Se siamo costanti a ringraziare, giungeremo a trovare una, dieci, cento motivazioni di riconoscen­za a Dio per quella contraddizione e, alla fine, il grazie trionferà, il muro crollerà! Un grazie vero, convinto, sanguinante magari, ma autentico, che sgorga dal profondo del nostro essere e ci libera!

E' in quei momenti soprattutto che si compren­de la potenza del ringraziamento.

Anzi, l'esperienza del ringraziare non ci convin­cerà mai finchè non giungeremo lì: a capire la por­tata che esso ha nei momenti difficili della vita.

Allora si comprenderà che imparare a ringra­ziare significa imparare a vivere, perchè significa imparare ad affrontare tutte le situazioni più dram­matiche della vita proiettandole nell'amore di Dio.

Allora forse e solo allora si nasce alla fece, per­chè se ne esperimenta tutta la forza, si esperimenta l'amore di Dio.

Quando non ci scandalizziamo più di Dio, siamo giunti alla fede.

Quando per noi conta di più la volontà di Dio che qualunque nostro progetto, allora siamo giunti all'amore.

Anche qui è opportuno procedere a gradi. Non si è capaci di affrontare i grandi problemi della vita se non ci impratichiamo a destreggiarci con le piccole contraddizioni quotidiane.

Si dovrebbe cominciare così: dall'impegno di mai perdere la pace davanti alle piccole contraddi­zioni quotidiane, ma farle servire come esercizio al nostro ringraziamento.

Avete rotto un bicchiere? Una persona vi ha fe­riti? Avete commesso una " gaffe "? Perchè perde­re la pace? Mettiamoci davanti a quella storiella ed esaminiamola nella calma. Se proprio a quella spi­na non c'è rimedio, perchè non metterla con fidu­cia nelle mani di Dio? Se Dio ha cura di un passero che cade, non prenderà a cuore una nostra pena?

E non pensarci più, lasciare che Dio porti a­vanti Lui quel problema che per noi resta insolu­bile. Poi, subito dopo, ringraziare. Ringraziare con tutto il cuore, non tanto per la contraddizione o per la spina, piuttosto ringraziare di tutti i risvolti positivi che son seguiti a quella difficoltà.

Il primo risvolto positivo è che non lo consi­derate più una tragedia, gli avete dato la sua pro­porzione di avvenimento ordinario, e questo non è un bel dono di Dio di cui potete ringraziare?

Poi conoscerete meglio voi stessi dopo quell'in­cidente, oppure conoscerete meglio gli altri o la si­tuazione: questo è un altro motivo di riconoscen­za a Dio.

Poi ringraziate che avete avuto fede quando normalmente perdevate le staffe.

Poi, pensando, troverete altre motivazioni al vo­stro ringraziamento.

 

[tratto dal testo : "il cammino della preghiera" - Centro Missionario P. De Foucauld - Cuneo 1982]

 

 

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